Nelle ultime tre settimane i resoconti in arrivo dalla Striscia di Gaza si sono fatti ogni giorno più terrificanti: corpi ammassati nei furgoni, bambini estratti dalle macerie, quartieri residenziali rasi al suolo, migliaia di morti. Al momento gli sfollati sono circa un milione, per non parlare delle devastanti carenze di viveri, di acqua e del carburante necessario per far funzionare i dissalatori e i generatori. I servizi di base, già insufficienti prima che Israele scatenasse la sua rappresaglia contro Gaza dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre, sono ormai inesistenti. La situazione può solo peggiorare. La sera del 27 ottobre i carri armati israeliani hanno fatto irruzione a Gaza coperti da un feroce bombardamento aereo, mentre il primo ministro Benjamin Netanyahu annunciava l’avvio di una nuova e più ampia fase della guerra.

In trappola

Israele, un paese nato dal conflitto e con un profondo senso di vulnerabilità, ha tutto il diritto di difendere i suoi cittadini e rispondere all’attacco dell’organizzazione islamista militante Hamas, che ha provocato più di 1.400 vittime ed è stato il più brutale mai portato a termine sul suolo israeliano. Hamas ha commesso atrocità. Ha ucciso donne, bambini e anziani, e ha preso in ostaggio più di 230 israeliani, tra cui molti civili.

Ma la punizione collettiva inflitta da Israele a 2,3 milioni di persone intrappolate a Gaza, di cui quasi metà sono bambini, deve finire. Secondo le autorità sanitarie palestinesi più di ottomila persone, tra cui almeno tremila bambini, hanno perso la vita nelle tre settimane di bombardamenti israeliani su Gaza. Il numero delle vittime supera di gran lunga quello di tutte le guerre che Israele ha combattuto contro Hamas da quando l’organizzazione ha assunto il controllo di Gaza, nel 2007.

La settimana scorsa il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato di non credere “ai numeri sulle vittime diffusi dai palestinesi”. Eppure in passato, dopo la fine dei vari conflitti tra Israele e Hamas, non sono mai state riscontrate grandi discrepanze tra le cifre comunicate dalle autorità di Gaza e le verifiche fatte a posteriori dalle agenzie delle Nazioni Unite. Invece di cavillare sui numeri, Biden dovrebbe fare pressione su Israele affinché protegga i civili e rispetti le regole della guerra. La portata della devastazione nella Striscia di Gaza è davanti agli occhi di tutti, e le Nazioni Unite hanno sottolineato che sono in corso “chiare violazioni del diritto internazionale umanitario”. Israele sta assediando Gaza e ha invitato metà della popolazione a spostarsi verso sud, accusando Hamas di usare i civili come scudi umani.

Poi ha ordinato l’evacuazione delle scuole e degli ospedali nel nord di Gaza, obiettivo dell’offensiva, dove si erano rifugiate decine di migliaia di persone e dove, secondo le forze armate israeliane, vivono ancora fra le trecentomila e le quattrocentomila persone. Nel frattempo Israele sta lasciando passare con il contagocce gli aiuti umanitari diretti a Gaza: solo 131 camion dall’inizio dell’offensiva rispetto ai cinquecento che entravano ogni giorno prima del 7 ottobre.

Sullo sfondo, la violenza cresce anche in Cisgiordania, dove finora più di cento palestinesi sono stati uccisi dalle forze di sicurezza e dai coloni israeliani. Mentre la tensione sale in tutta la regione (e non solo), i diplomatici temono che possa esplodere un conflitto più ampio. È arrivato il momento di decretare un cessate il fuoco umanitario. Solo questo potrà alleviare le sofferenze dei palestinesi e smorzare le tensioni regionali. E Hamas deve rilasciare tutti gli ostaggi.

L’unica soluzione

Gli alleati di Israele devono invece spingere il governo di Netanyahu a consentire l’accesso degli aiuti umanitari a Gaza e a interrompere l’assedio. E devono anche convincerlo a concepire un piano più sensato per neutralizzare la minaccia di Hamas, una strategia che non trascini Israele e l’intera regione nell’abisso.

Il 7 ottobre Hamas ha assestato un colpo durissimo a Israele, che però non può cadere nella trappola di permettere ai militanti (per i quali tutti i palestinesi uccisi sono martiri) di approfittare della situazione. Più i civili palestinesi soffriranno e più sarà alta la probabilità che Israele perda il sostegno dell’occidente, alimentando nel frattempo la rabbia del mondo arabo e musulmano. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1536 di Internazionale, a pagina 21. Compra questo numero | Abbonati