Cane e contrabbasso di Saša Ilić è, se non il migliore, sicuramente uno dei migliori romanzi apparsi in Serbia e nella regione balcanica negli ultimi anni. È un romanzo ampio, non tanto per le dimensioni quanto per i fili narrativi che intreccia. Man mano che avanza, il lettore è sempre più trascinato nel vortice della storia, che si svolge dopo la disgregazione della Jugoslavia. Ilić racconta una specie di esperimento psicologico in un istituto dove non è del tutto chiaro se i sani curino i malati o i malati terrorizzino i sani, se cioè lo scopo dell’esperimento sia la guarigione o la prigionia. Questa istituzione può essere vista come una metafora della società di oggi, dove ci chiediamo se ciò che stiamo vivendo sia effettivamente la realtà o se qualcuno ci stia cullando in un sogno consumistico. È possibile che l’epilogo del romanzo fornisca una risposta a questa domanda. Come nel jazz, l’azione scorre attraverso continui cambi di ritmo, ma l’atmosfera rimane sempre la stessa. Per apprezzare fino in fondo Cane e contrabbasso bisogna mettere da parte pregiudizi, fobie, luoghi comuni, vanità, schemi e stereotipi. Chi riesce a farlo capirà cosa intendeva Miles Davis con la frase: “Non suonare quello che c’è, suona quello che non c’è”, che è anche la citazione che apre il romanzo.
Dejan Katalina, Espreso

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1539 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati