“A marzo due attacchi aerei in Mali e in Somalia hanno ucciso decine di civili, mettendo in evidenza fino a che punto i droni armati di fabbricazione straniera abbiano cambiato il volto della guerra nel continente”, scrive Bloomberg. “Negli ultimi cinque anni vari governi africani – con pochi soldi ed eserciti allo sbando – hanno aumentato gli acquisti di droni turchi e cinesi, spesso in seguito ad accordi nel settore della sicurezza con i governi di Ankara e Pechino”. Questi apparecchi comandati a distanza costano molto meno degli aerei da combattimento (un caccia F35 della Lockheed Martin costa più di 80 milioni di dollari): un drone iraniano Shahed costa centinaia di migliaia di dollari, un cinese Wing Loong II tra uno e due milioni di dollari, e un turco Bayraktar Tb2 fino a sei milioni di dollari. In alcuni tipi di conflitto, come quelli contro i gruppi jihadisti nel nord della Nigeria, in Somalia o nel Sahel, usarli si è rivelato particolarmente complicato, perché spesso piloti poco esperti e informazioni poco accurate hanno portato a errori gravissimi, finendo per uccidere i civili. Secondo l’ong Acled l’anno scorso le vittime civili di raid aerei e con i droni sono state 1.418, contro le 149 del 2020.

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Questo articolo è uscito sul numero 1557 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati