Il 2 aprile il presidente senegalese Bassirou Diomaye Faye ha prestato giuramento, entrando in carica come quinto capo dello stato nella storia del paese. In una delle sue prime decisioni ha nominato primo ministro Ousmane Sonko, leader del suo partito, il Pastef. Nel discorso d’insediamento, scrive Sud Quotidien, Diomaye Faye si è impegnato “a mobilitare tutti intorno a un progetto nazionale unitario”. Secondo il quotidiano è arrivato il momento di riempire di significato tutti gli slogan usati dal Pastef in campagna elettorale e dare senso alla rivendicazione di “sovranità nazionale”, vegliando sull’indipendenza e sul buon funzionamento delle istituzioni. L’economista Felwine Sarr, intervistato da Le Point, fa notare che la “sovranità” è al centro delle richieste dei giovani senegalesi e di altri paesi dell’Africa occidentale, convinti che la decolonizzazione economica, politica e simbolica non sia ancora finita. “I giovani pensano che se le risorse nazionali fossero sfruttate meglio, la situazione economica sarebbe diversa, e ci sarebbero lavoro e benessere per tutti”. ◆
Dalle parole ai fatti
Una premier a Kinshasa
Il 1 aprile il presidente Félix Tshisekedi ha nominato a capo del governo Judith Suminwa Tuluka ( nella foto ), la prima donna a ricoprire quest’incarico nella Repubblica Democratica del Congo. Economista di 56 anni, Tuluka ha lavorato al Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo ed è stata ministra della pianificazione nell’ultimo governo congolese. “La sua nomina è considerata non solo un passo avanti per le donne, ma anche un’occasione per riformare e rafforzare il governo in un paese che ha davanti a sé molte sfide”, scrive Actualité.cd. Una priorità sarà l’emergenza nell’est, dove il gruppo armato ribelle M23 è arrivato alle porte di Goma, capoluogo del Nord Kivu. Tshisekedi, che ha più volte accusato il vicino Ruanda di appoggiare l’M23, ha criticato l’Unione europea. In un’intervista a Le Monde Afrique, Tshisekedi rimprovera a Bruxelles “di aver accordato venti milioni di euro di aiuti all’esercito ruandese, ufficialmente per combattere contro i jihadisti in Mozambico” e “di aver firmato un accordo sui minerali con il Ruanda, quando si sa che tutte quelle ricchezze sono sottratte illegalmente alla Rdc”. Secondo Bintou Keita, a capo della missione Monusco dell’Onu, “un congolese su quattro soffre di fame o malnutrizione. I profughi sono 7,1 milioni. Tra questi, 800mila hanno dovuto abbandonare le loro case negli ultimi tre mesi”.
Le vittime dei droni
“A marzo due attacchi aerei in Mali e in Somalia hanno ucciso decine di civili, mettendo in evidenza fino a che punto i droni armati di fabbricazione straniera abbiano cambiato il volto della guerra nel continente”, scrive Bloomberg. “Negli ultimi cinque anni vari governi africani – con pochi soldi ed eserciti allo sbando – hanno aumentato gli acquisti di droni turchi e cinesi, spesso in seguito ad accordi nel settore della sicurezza con i governi di Ankara e Pechino”. Questi apparecchi comandati a distanza costano molto meno degli aerei da combattimento (un caccia F35 della Lockheed Martin costa più di 80 milioni di dollari): un drone iraniano Shahed costa centinaia di migliaia di dollari, un cinese Wing Loong II tra uno e due milioni di dollari, e un turco Bayraktar Tb2 fino a sei milioni di dollari. In alcuni tipi di conflitto, come quelli contro i gruppi jihadisti nel nord della Nigeria, in Somalia o nel Sahel, usarli si è rivelato particolarmente complicato, perché spesso piloti poco esperti e informazioni poco accurate hanno portato a errori gravissimi, finendo per uccidere i civili. Secondo l’ong Acled l’anno scorso le vittime civili di raid aerei e con i droni sono state 1.418, contro le 149 del 2020.
Rivolta nel Puntland
La regione semiautonoma del Puntland ha ritirato il 31 marzo il suo riconoscimento delle autorità federali somale, dopo che il parlamento di Mogadiscio ha approvato una riforma costituzionale che introduce, tra le altre cose, l’elezione diretta del presidente e gli permette di nominare il primo ministro senza l’approvazione del parlamento, scrive The East African. Finora la Somalia aveva votato con un sistema indiretto, in cui i rappresentanti dei clan facevano da intermediari. Secondo il governo le riforme sono necessarie per la stabilità politica, ma chi le critica pensa che l’esecutivo stia cercando di accentrare il potere. Le autorità del Puntland chiedono un referendum nazionale sulle riforme.
Etiopia-Arabia Saudita Il governo di Addis Abeba ha annunciato un piano per rimpatriare dall’Arabia Saudita circa 70mila etiopi che vivono nel paese arabo “in condizioni miserevoli”.
Togo Il presidente Faure Gnassingbé ha chiesto il 29 marzo al parlamento di rivedere la riforma costituzionale, molto c riticata dall’opposizione, che introduceva un sistema parlamentare al posto di quello presidenziale. Secondo i critici della rifor m a, questa avrebbe permesso a Gnassingbé di essere rieletto il prossimo anno, visto che il suo partito domina l’assemblea.
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