Il Cremlino sta mettendo a punto una nuova strategia per affrontare un’emigrazione senza precedenti, con centinaia di migliaia di persone che hanno lasciato la Russia. In particolare Mosca non ha gradito le dichiarazioni di alcuni attori e comici famosi, che hanno approfittato dell’esilio per criticare la guerra. Come l’attore Artur Smoljaninov, che ha condannato l’invasione dell’Ucraina in un’intervista dai toni fortemente emotivi rilasciata a Novaya Gazeta Europe. Le sue parole hanno scatenato la rabbia dei patrioti finanziati dal Cremlino, i quali hanno chiesto nuove misure per opporsi a un’ondata di emigrazioni che, secondo le stime, coinvolge tra i cinquecentomila e i settecentomila russi.

Tra i provvedimenti proposti ci sono la confisca dei beni e il ritiro del passaporto. In questo modo gli esuli verrebbero sostanzialmente privati della cittadinanza russa, una misura usata in passato dalle autorità sovietiche contro dissidenti e scrittori come Aleksandr Solženitsyn. Gli attivisti e i liberali russi hanno imparato a seguire con attenzione cosa succede in Bielorussia, tradizionale banco di prova delle misure repressive del Cremlino. Per questo motivo la preoccupazione è cresciuta il 5 gennaio, quando il dittatore Aleksandr Lukašenko ha aggiunto nuovi strumenti alla sua lunga lista di poteri, firmando una legge che permette allo stato di privare della cittadinanza le persone in esilio. La legge entrerà in vigore a luglio.

Non è una semplice manifestazione del nervosismo di un dittatore, ma una misura studiata con attenzione. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica il mondo è cambiato radicalmente, ma gli espatriati hanno ancora bisogno di documenti. Oggi il passaporto della Federazione russa è ancora l’unico documento d’identità in possesso della maggior parte degli esuli russi, compresi gli attivisti, i giornalisti e gli imprenditori del settore informatico. Chiedere asilo politico è un procedimento difficile, lungo e incerto.

Traditori passati al nemico

La confisca delle proprietà e la privazione della cittadinanza non sono le uniche misure al vaglio. L’ex presidente Dmitrij Medvedev, oggi vicepresidente del consiglio di sicurezza russo, ha attaccato quelli che ha definito “traditori passati al nemico che vogliono la morte della madrepatria” e “pezzi di merda che fino a poco tempo fa si consideravano parte della cosiddetta élite intellettuale”. In un messaggio su Telegram, Medvedev ha chiesto di agire “secondo le regole che si applicano in tempo di guerra”, facendo riferimento al secondo conflitto mondiale. “Durante la guerra ci sono sempre state regole speciali e gruppi di persone discrete che le hanno applicate”.

Quello usato da Medvedev è un linguaggio chiarissimo a tutti i russi. Ha sostanzialmente chiesto l’invio di squadroni della morte per uccidere i russi che hanno lasciato il paese ma restano politicamente impegnati. Dall’inizio dell’invasione russa Medvedev ha lanciato messaggi sempre più estremi contro l’occidente, ma è la prima volta che un alto funzionario del Cremlino accenna alla possibilità di eliminare gli oppositori.

I servizi di sicurezza russi sono responsabili di una lunga lista di omicidi all’estero, anche se ufficialmente il Cremlino sostiene che gli unici bersagli legittimi delle esecuzioni extragiudiziali siano i “terroristi”. Eppure esiste una categoria di emigrati che Mosca sarebbe felicissima di riaccogliere. Il ministro dello sviluppo digitale Maksut Šadaev è responsabile dello sviluppo di tecnologie alternative russe per sostituire quelle occidentali, colpite dalle sanzioni. Parte del suo compito consiste nel riportare in Russia gli informatici fuggiti all’estero per protestare contro l’invasione e per evitare la chiamata alle armi. Questa missione è diventata quasi impossibile a settembre, quando il governo ha deciso di mobilitare tutti gli uomini di età compresa tra i venti e i cinquant’anni, spingendo circa centomila esperti informatici a lasciare il paese. Anche prima di quest’esodo di massa, secondo le stime del governo alla Russia mancavano già un milione di specialisti del settore.

Mutui agevolati

Il ministero per lo sviluppo digitale sta lavorando per spingere questi professionisti a tornare in patria. Il pacchetto offerto per convincere gli informatici dimostra il grado di disperazione del governo: comprende la promessa di un rinvio del servizio militare, mutui agevolati e un biglietto aereo gratuito per la Russia, tutto pagato dai contribuenti. Molti emigrati stanno ancora lavorando da remoto per le aziende russe, e questo significa che sono ancora vincolati alle leggi nazionali. Il governo intende sfruttare questa situazione a suo vantaggio. A dicembre nel settore informatico ha cominciato a circolare la voce che Mosca potrebbe vietare il lavoro dall’estero. Nello stesso mese il gigante russo della tecnologia Yandex ha chiesto a tutti i suoi dipendenti, compresi quelli che avevano lasciato il paese, di riprendere l’attività lavorativa in presenza. A gennaio la Vk, il colosso tecnologico che controlla la maggior parte dei social network usati in Russia, ha invitato i suoi dipendenti che lavoravano all’estero a rientrare in patria, pena il licenziamento.

La strategia nei confronti dei russi fuggiti è ancora in fase di sviluppo, ma da quello che emerge sembra essere ispirata all’epoca di Stalin. Di sicuro Putin non parla più dell’emigrazione come di un processo di disintossicazione della società russa. Chi possiede capacità utili per lo sforzo bellico e in generale per la sopravvivenza della Russia sarà attirato con gratifiche e protezioni. Le persone in esilio che si sono opposte al Cremlino e alla sua guerra, invece, appartengono a una categoria speciale. A loro Mosca vuol far sentire il mirino puntato alle spalle. ◆ as

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1496 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati