Le direttive dell’Unione europea (Ue) sulla qualità dell’aria, incontrano sempre più opposizione a livello locale.

A Berlino è in corso un braccio di ferro sull’opportunità di pedonalizzare uno dei viali più popolari della città, Friedrich­strasse. I moderati svedesi contestano il progetto della coalizione di sinistra al governo a Stoccolma di vietare l’uso di auto a benzina e diesel in alcune zone del centro a partire dal 2025. E nella città spagnola di Segovia l’estrema destra si oppone con forza ai piani per la creazione di una zona a basse emissioni (dove sia vietata la circolazione a determinate categorie di veicoli inquinanti), sostenendo che questi programmi “attaccano il diritto dei cittadini a muoversi liberamente” e “danneggiano le famiglie che lavorano”.

È solo un assaggio delle battaglie che verranno, dato che Bruxelles sta lavorando per rendere più severe le linee guida.

Nel tentativo di esortare a ripulire l’Ue dall’aria inquinata – che nel 2019 ha causato più di 300mila morti premature – la Commissione europea vuole allineare gli standard di qualità dell’aria a quelli raccomandati dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) entro il 2050. Il parlamento di Strasburgo è ancora più ambizioso: a settembre è stato proposto di anticipare l’allineamento al 2035, nonostante l’ostruzionismo dei deputati conservatori.

Qualunque sarà la versione definitiva della direttiva, di certo alle città toccherà la maggior parte dell’onere. Questo sta mettendo in difficoltà gli amministratori locali, che temono di non avere i mezzi o l’appoggio politico per attuare le misure necessarie. Inoltre, sta creando profonde divisioni nelle città, poiché i politici conservatori sfruttano la questione facendo appello ai proprietari di auto e alle persone infastidite dagli sforzi che rendono i centri urbani più verdi a scapito della comodità.

Il deputato tedesco Norbert Lins del Partito popolare europeo, che ha votato contro delle linee guida più ambiziose per migliorare la qualità dell’aria, ha ripetutamente avvertito che il suo gruppo politico è contrario a “bandire le auto dai centri urbani”.

Politiche poco popolari

Le soluzioni efficaci per affrontare il problema sono molte, ma sono poco amate dagli elettori, almeno inizialmente. Tra queste, l’introduzione di zone urbane a basse emissioni, limiti di velocità e i cosiddetti superblocchi, dove è vietato l’accesso alle automobili. Anche la limitazione dell’uso delle stufe a legna contribuisce a frenare l’inquinamento derivante dal riscaldamento domestico, un problema importante nell’Europa centrale e orientale, oltre che nell’Italia setten­trionale.

Molte di queste iniziative possono essere difficili da promuovere, soprattutto in un momento in cui le politiche ambientali sono considerate un’intrusione nella vita privata e l’espressione di una guerra culturale. Le zone a basse emissioni “non sono sempre davvero gradite”, perché costringono le persone e le imprese a investire in auto nuove e meno inquinanti, spiega Anna Font, dell’Imt Nord Europe di Lille, in Francia. Ma non è solo una questione di gradimento, sostengono alcuni.

In Spagna, i comuni con più di 50mila abitanti erano obbligati per legge a creare zone a basse emissioni entro l’inizio del 2023, ma finora solo 14 su 151 l’hanno fatto. “Molte amministrazioni locali non sono realmente motivate” ad agire perché “non ritengono che si tratti di una questione di salute pubblica”, sostiene Christian Oltra, del Centro spagnolo per la ricerca energetica, ambientale e tecnologica. “Quindi stanno solo facendo il minimo richiesto dalla legge. Possono dire che si tratta di un problema di opinione pubblica, ma a volte è anche una scusa”, ha aggiunto. Secondo lui “i sondaggi sono generalmente positivi” su misure come le zone a basse emissioni e le persone tendono ad apprezzarle una volta che i benefici diventano chiari. Il progetto dei superblocchi di Barcellona, per esempio, inizialmente ha incontrato notevoli resistenze di automobilisti e imprese, ma ora è molto gradito, con piani per estendere gli isolati a 503 in totale, liberando il 60 per cento delle strade dalle auto.

Le città di tutta l’Unione europea sostengono che il calendario per il risanamento dell’aria urbana è troppo serrato e che è necessario affrontare il problema alla fonte. Paweł Ścigalski, alla guida del piano per la qualità dell’aria a Cracovia, in Polonia, ha previsto che “sarà certamente difficile” rispettare le linee guida dell’Oms entro il 2035, poiché “sono molti i fattori in gioco”, tra cui le scadenze per la sostituzione delle caldaie inquinanti. Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, la città polacca è tra le dieci più inquinate dell’Ue.

La regione Lombardia – dove si trova Cremona, anch’essa tra le città europee più inquinate – sta facendo da capofila per impedire l’adozione di linee guida più severe da parte dell’Unione, sostenendo che il loro rispetto comporterebbe un calo significativo del pil.

Anche Berlino, che si colloca ai primi posti per quanto riguarda la qualità dell’aria, riconosce che sarà una sfida. Un portavoce del senato ha espresso dubbi sul fatto che la città possa applicare le linee guida dell’Oms entro il 2035, ma ha affermato che farlo entro la metà del secolo potrebbe “essere realistico”.

Norme comuni

“Per molte città sarà difficile il pieno allineamento con l’Oms nel breve termine, a meno che non si creino le condizioni giuste”, come per esempio misure globali a livello europeo che affrontino le fonti di inquinamento, ha dichiarato Thomas Lymes, consulente politico per la qualità dell’aria e sulla mobilità di Eurocities, una rete che rappresenta più di duecento città in 38 paesi.

La mancanza di norme comuni europee significa che le città sono in gran parte lasciate sole ad affrontare le due grandi fonti di inquinamento atmosferico urbano: il trasporto su strada e l’uso di combustibili solidi (legno, carbone, pellet) per cucinare e riscaldare.

Nel complesso, però, delle linee guida più severe potrebbero andare a vantaggio delle città, costringendo i governi a fornire i fondi necessari per applicare misure efficaci. ◆ sm

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Questo articolo è uscito sul numero 1541 di Internazionale, a pagina 27. Compra questo numero | Abbonati