Cultura Schermi
Sull’isola di Bergman
Vicky Krieps, Tim Roth, Mia Wasikowska
Francia / Belgio / Germania / Svezia / Messico 2021, 112’. In sala
Sull’isola di Bergman (dr)

Ridiamo un po’ con Ingmar Bergman, poi torniamo seri e gli rendiamo omaggio. Danziamo sulla tomba di un amore che non ha ancora esalato il suo ultimo respiro, scopriamo il passaggio a nordovest tra vita e finzione. Diamo un’occhiata a cosa separa le donne e gli uomini, quando si tratta di creare un’opera d’arte. Il libro dei compiti delle vacanze di Mia Hansen-Løve ha tanti capitoli, ma quando lo chiudi, alla fine di Sull’isola di Bergman, il sapore che rimane in bocca è quello delle vacanze, non dei compiti. Tutto – il complicato intreccio dei temi evocati, la costruzione della finzione su due livelli, il gioco autobiografico (Hansen-Løve, a lungo compagna di Olivier Assayas, ha scritto una storia su una coppia di registi) – spingeva l’impresa verso la serietà, verso la rigidità addirittura. Ma lo sguardo della regista francese sui suoi personaggi ha la luce dell’estate scandinava, che rifiuta la notte senza negarne l’esistenza. E proprio all’inizio dell’estate Chris (Vicky Krieps) e Tony (Tim Roth) arrivano a Fårö, l’isola del mar Baltico dove Bergman ha girato alcuni dei suoi capolavori e dove si è ritirato a vivere, rifugio ideale per artisti in cerca d’ispirazione. Le prime scene del film flirtano con la commedia. Hansen-Løve mostra l’isola con amore ma senza reverenza. Poi mentre i due protagonisti seguono traiettorie divergenti, Chris racconta a un distratto Tony il film che sta scrivendo su due amanti (Mia Wasikowska e Anders Danielsen Lie) che si ritrovano sull’isola, al matrimonio di amici comuni. Alla realtà terrena e un po’ ridicola della vita dei due registi, risponde l’esaltazione effimera di un incontro in una notte d’estate. Le due coppie hanno in comune solo l’isola ed è quanto basta per capire che il divario tra loro non è poi così grande.

Thomas Sotinel, Le Monde

Don’t look up
Leonardo DiCaprio, Jennifer Lawrence, Meryl Streep
Stati Uniti 2021, 145’. In sala/Netflix
Don’t look up (dr)

Quando due astronomi portano alla presidente degli Stati Uniti le prove che un asteroide distruggerà la Terra, sono praticamente ignorati. Così i due cercano in tutti i modi di convincere il resto del mondo che la fine è vicina. Se esistesse un Oscar per il casting, nel 2022 Francine Maisler potrebbe vincere facile. Il cast di Don’t look up è impressionante: alcuni attori si riconoscono anche solo dal nome (Leo, Meryl, Cate, Jonah, Timothée). Il potere di attrazione del film deriva sia dal regista, Adam McKay (La grande scommessa e Vice l’hanno reso molto popolare tra gli attori), sia dalla premessa. Don’t look up è una specie di Deep impact da ridere, un Armageddon con il cervello in più. Forse mette troppa carne al fuoco, ma nella maggior parte dei casi è cibo sano per la mente, divertente e ambizioso. Chi ha creduto che si trattasse di un progetto di vanità ambientalista di Leonardo DiCaprio farà bene a ripensarci. McKay usa il nucleo della trama per mettere in ridicolo praticamente ogni aspetto della vita contemporanea: dalla filantropia dei miliardari alla demenzialità dei social network, dalle battute sagaci dell’informazione spettacolo alla geopolitica. Ma è sulla politica che McKay riesce a pungere meglio. La sua satira sembra troppo divertente per essere vera.

Ian Freer, Empire

Nowhere special
James Norton, Daniel Lamont, Eileen O’Higgins
Regno Unito / Italia / Romania 2020, 96’. In sala

Meglio essere preparati: per vedere Nowhere special sarà utile tenere a portata di mano un’abbondante scorta di fazzoletti. James Norton, uno degli attori che si nominano spesso parlando del “prossimo James Bond”, è sorprendente nella sua interpretazione di John, un lavavetri di Belfast, vedovo, che sta morendo di cancro al cervello. John è alla ricerca di una famiglia che possa adottare suo figlio Michael, di quattro anni. Il film è costruito con una serie di quadri in cui si alternano scene di un’intimità schiacciante – alcune vi strapperanno il cuore – e scene in cui padre e figlio visitano le famiglie che potrebbero prendersi cura del bambino. Il sentimentalismo stucchevole è in agguato, anche perché Michael, con il suo impermeabilino giallo, è davvero carino. Ma Uberto Pasolini riesce a tenere salde le redini, mentre l’interpretazione di Norton, sommessa e devastante, è una rivelazione.

Deborah Ross, The Spectator

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1439 - 10 dicembre 2021
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