Il principe William, secondo in linea di successione al trono britannico, ha di nuovo provocato un putiferio con le sue dichiarazioni, quando ha dato la colpa del peggioramento delle condizioni della fauna selvatica in Africa alla crescita della popolazione nel continente. Molti hanno sottolineato l’ipocrisia di un padre di tre figli che demonizza l’eccessiva natalità di un altro continente. Altri hanno osservato che il Regno Unito è molto più densamente popolato di qualsiasi parte dell’Africa e che i cacciatori e i coloni britannici furono responsabili della decimazione selvaggia degli animali. Per non parlare del cambiamento climatico – provocato in larga misura dagli antenati, dai concittadini e dai vicini di William – che potrebbe mettere in pericolo tra il 25 e il 40 per cento dei mammiferi nei parchi nazionali africani. Si è detto poco però dello storico disagio delle élite bianche nei confronti della fertilità dei neri.

È la seconda volta che William si lamenta dell’aumento della popolazione africana. L’aveva già fatto nel 2017, nello stesso anno in cui il presidente francese Emmanuel Macron aveva attribuito la responsabilità dei problemi “di civiltà” del continente a paesi in cui “le donne hanno sette o otto figli ciascuna”. A tutto questo si aggiungono le accuse, a questo punto non del tutto sorprendenti, mosse nel 2020 da Meghan Markle, cognata di William, una donna afroamericana. Markle ha dichiarato che alcune persone della famiglia reale erano preoccupate per la possibilità che il figlio suo e di Harry non avesse il colore che i sovrani avrebbero voluto.

In confronto alla popolazione giovane e in crescita dell’Africa, quella europea invecchia. Entro il 2100 potrebbero esserci sette africani per ogni europeo

L’angoscia dell’occidente per l’aumento della popolazione è stata spesso presentata in termini assolutistici. Nel 2009 i biologi Paul e Anne Ehrlich, basandosi sul loro saggio del 1968 The population bomb, hanno scritto: “Il punto centrale è ancora corretto: la capacità della Terra di produrre da mangiare e di sostenere le persone non è infinita. Ci sono solo due soluzioni al problema. Una è la ‘soluzione del tasso di natalità’, cioè quando troviamo degli strumenti per abbassare il tasso di natalità. L’altra è la ‘soluzione del tasso di mortalità’, quando sono gli strumenti che portano la morte – guerre, carestie, epidemie – a trovare noi”. Tuttavia, se i coniugi Ehrlich potessero raccogliere tutte le gemme dell’infinito e far schioccare le dita come Thanos, il nemico degli Avengers nei film della Marvel, è poco probabile che lo imiterebbero, eliminando persone ugualmente distribuite in tutto il mondo per ottenere il numero ottimale di esseri umani. È significativo il fatto che le descrizioni inquietanti e apocalittiche contenute in The population bomb riguardino paesi non bianchi come l’India, e non posti come l’Europa o il Nordamerica.

Allo stesso modo oggi il linguaggio della preoccupazione ambientale viene impiegato per mascherare timori più oscuri. In confronto alla popolazione giovane e in crescita dell’Africa, e nonostante gli sforzi di William, quella europea invecchia. Nel giro di un secolo gli africani potrebbero più che triplicare, raggiungendo i 4,5 miliardi di persone (due esseri umani su cinque nel mondo), mentre è probabile che gli europei diminuiranno di cento milioni. Entro il 2100 potrebbero esserci sette africani per ogni europeo.

Mentre l’ascesa di giganti asiatici come la Cina e l’India sta già sovraccaricando le paure bianche (e determina la rinascita degli estremismi di destra), questi timori sono ulteriormente alimentati dalla prospettiva di un’Europa meno importante dell’Africa. A dire il vero, come afferma l’ecologista keniano Mordecai Ogada, coautore del libro The big conservation lie, in cui ha approfondito i problemi politici su cui si regge il sistema della protezione della natura nel suo paese, “i numeri assoluti della popolazione in Africa non sono un problema per il nostro ambiente, soprattutto per la piccola impronta ecologica di chi vive qui”. Le comunità indigene non hanno interesse a danneggiare il loro ambiente. Secondo alcuni, tuttavia, la vera minaccia sarebbero loro, che hanno vissuto per millenni in mezzo alla natura, mentre gli occidentali, che hanno portato all’estinzione gran parte delle specie del continente, sarebbero la soluzione del problema.

Il discorso sulla sovrappopolazione inoltre cerca di esonerare l’occidente dalla responsabilità nei confronti dei problemi africani. Secondo questa versione della storia l’Africa è povera perché troppi africani non sanno gestire le loro risorse naturali. Suona familiare? Era la giustificazione della “missione civilizzatrice” che ha fatto da copertura al saccheggio del continente da parte degli europei. L’eredità del colonialismo e dei suoi genocidi, i sistemi commerciali che spremono il continente, gli interventi per sostenere regimi omicidi e i danni all’ambiente, tutto questo impallidisce se paragonato alla sventura di ospitare degli africani. Come i suoi antenati, anche il principe William è convinto che sia questa la vera tragedia del continente, e dell’intero pianeta. ◆ gim

patrick gathara
è un vignettista e scrittore keniano. Cura il sito The Elephant. Questo articolo è uscito su Al Jazeera.

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Questo articolo è uscito sul numero 1439 di Internazionale, a pagina 46. Compra questo numero | Abbonati