Nel 1983 la scrittrice uruguaiana Cristina Peri Rossi aveva raccontato un museo molto simile a quello che più tardi avremmo trovato in Requiem di Antonio Tabucchi. Il museo degli sforzi inutili raccoglie trenta racconti, il primo dei quali narra l’origine di questo museo destinato a raccogliere l’enorme quantità di sforzi inani dell’umanità. La narratrice è particolarmente interessata ai tentativi realizzati nel 1922, e così troviamo bambini che hanno provato a volare; qualcuno che cercava di vincere la paura; un uomo che ha provato per dieci anni a far parlare il suo cane e così via. C’è di tutto: “Alcuni sono sforzi belli e inutili; altri sono cupi”. La necessità è quella di ricordare i sogni di uomini e donne che non si lasciavano fermare dai propri limiti. Nel racconto intitolato Sulla corda tesa un personaggio preferisce stare sempre in aria, appollaiato su quella corda: “Mangiavo lì, leggevo, ascoltavo musica e costruivo piccoli oggetti di vimini (sottobicchieri , tovaglie e cestini) mentre camminavo”. Una specie di “barone rampante” appeso in un luogo da cui contemplare la vita. L’amicizia e complicità di Peri Rossi con Julio Cortázar è evidente in diversi di questi racconti, specialmente in quello intitolato Istruzioni per alzarsi dal letto. C’è la stessa capacità di raccontare il fantastico attraverso un’attentissima osservazione del reale. Il museo degli sforzi inutili ospita l’ironia, l’umorismo, le stranezze e tutto quello che questa geniale scrittrice ha saputo immaginare.
Diego Marín Galisteo, El Periódico de España
Lo scrittore israeliano Eshkol Nevo seguiva la finale di un torneo di calcio con quattro dei suoi migliori amici, tutti ex residenti di Haifa e ora abitanti di Tel Aviv. Finite le noccioline, i semi di zucca e l’anguria è saltata fuori l’idea che ognuno di loro scrivesse su un pezzo di carta i tre desideri che avrebbe voluto vedere avverati prima del campionato successivo. I biglietti dovevano essere aperti quattro anni dopo, ma sono rimasti chiusi fino a oggi. “Li abbiamo lasciati a uno dei ragazzi e lui ha detto di averli persi”, racconta Nevo. “La verità è che non volevamo davvero scoprire quanto potere hanno i desideri”. Questo romanzo è un libro nel libro. All’inizio, un avvocato di nome Yitzhak “Churchill” Alimi è incaricato dai parenti di un certo Yuval Fried di prendere da una stazione di polizia le pagine di un libro e modificarle. Fried, l’autore del libro scritto in prima persona, non può occuparsene, perché è malato o perché è morto. Il risultato è che il libro di Nevo diventa l’opera di fantasia scritta da Fried, punteggiata dalle riserve espresse da Churchill che è uno dei tre amici più cari di Yuval e quello con cui ha la relazione più intensa e problematica. Il romanzo evoca l’intifada, la corruzione del governo, le mode che cambiano e contiene anche delle istruzioni per uno scrittore alle prime armi. Le vere domande che pone, tuttavia, sono due: cos’è l’amicizia e qual è il suo potere di plasmare la vita di coloro che la condividono?
Neri Livneh, Haaretz
Lo scrittore francese Etienne de Montety s’ispira qui alla morte di padre Hamel, sgozzato il 26 luglio del 2016 nella sua chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, vicino Rouen. Scrittore ma anche giornalista, de Montety ha studiato a fondo l’ideologia e i metodi degli islamisti. Senza approvare o scusare minimamente la deriva di Daoud e Hicham verso la barbarie, sentiamo che in qualche modo l’autore invidia la loro certezza di essere schierati dalla parte giusta. La sua storia è interessante perché non condanna, ma cerca di arrivare all’origine della rivolta suicida di ragazzi sradicati che non conoscono veramente l’islam che affermano di seguire ma odiano a morte questa società, la loro, la nostra, che gli offre solo prospettive materialistiche. Emulando Bernanos, de Montety lascia completamente liberi i suoi personaggi, mantenendosi su un piano di parità con loro e cercando, fino alla fine, di frenarli nel loro declino. Se la fede cattolica consente agli scrittori di scandagliare le profondità del cuore dei loro eroi, La grande tribolazione è un romanzo realmente cristiano. L’opposto, dunque, della letteratura edificante.
Jacques Nerson, Le Nouvel Obs
“Non credo di peccare di orgoglio, come dimostrerò nel corso della mia presentazione, se comincio dicendo che sono un uomo con certe qualità. Potrei non essere particolarmente bello o appariscente, ma sono educato, discreto, coscienzioso, colto e un buon conversatore”. Comincia così Una storia ridicola, il nuovo romanzo dello spagnolo Luis Landero. Un romanzo in prima persona pieno d’ironia e umorismo pur nella tragedia che ha per protagonista un uomo “senza istruzione superiore”, anche se, come direbbe lui, “sulla questione degli studi ci sarebbe molto da dire”. Il narratore è un uomo che crede di avere un soprannaturale potere distruttivo e che si definisce macellaio, filosofo e poeta – lavora in un grande mattatoio industriale dove è direttore di stabilimento – che decide di raccontare in questo libro niente meno che la storia della sua vita e di scrivere un “saggio su se stesso”. Una storia ridicola però è anche una storia d’amore, quello che il protagonista prova per Pepita, una donna di classe ben più elevata, di fronte alla quale ha vissuto “una vita disincantata e felice”. Tutto è narrato unicamente dal suo punto di vista in un racconto delirante fino alla fine.
Justo Barranco, La Vanguardia
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