La protagonista di Ammazzati amore mio è una donna sposata che vive con la famiglia in una casa vicino alla foresta e se la passa male, così male che pensa addirittura di uccidere tutti: il marito, la suocera da poco vedova e il figlio di sei mesi. La noia, l’alienazione e la violenza caratterizzano il primo romanzo dell’argentina Ariana Harwicz, che scuote e sorprende fin dalla prima riga, e non dà tregua al lettore fino alla fine. Come una bestia in gabbia, questa donna borghese passa dall’autocommiserazione all’autodistruzione, sente un richiamo selvaggio che le chiede di scappare da quella vita, e ciò che trova fuori è la natura, lo sguardo di un cervo, suoni sconosciuti, animali al pascolo. Ariana Harwicz arriva ad aprire una fessura nel luogo in cui altri narratori sguazzano: l’intimità. Che questa alienazione e insoddisfazione portino la protagonista ai bordi della follia è un fatto secondario, perché la cosa veramente interessante sono i suoi monologhi interiori, il flusso della sua coscienza squilibrata e il trattamento stilistico del suo erotismo perverso, con riferimenti sfumati a Virginia Woolf e Zelda Fitzgerald. L’uso rigoroso della prima persona e la predominanza del tempo presente consentono di mantenere un ritmo veloce e vertiginoso.
Malena Rey, Página12
Ispirato al caso di Shirley Parker, una barista e segretaria il cui corpo fu trovato nel Druid Hill park di Baltimora nel giugno del 1969, l’ambizioso romanzo di Laura Lippman intreccia moltissimi punti di vista in un affresco vivido e senza soluzione di continuità. La storia è incentrata sulle due narratrici: Cleo Sherwood, una versione romanzata di Parker, e Madeline “Maddie” Schwartz, un personaggio di finzione, una casalinga ebrea sulla trentina che decide di abbandonare la sua vita in periferia per trovare la propria strada. Le storie delle due donne si incrociano in un modo molto insolito. Anche se nessuno sembra interessato alla morte sospetta di una giovane donna nera, Cleo diventa il pensiero principale di Maddie. Impiega il suo tempo dopo l’orario di lavoro per parlare con le persone vicine a Cleo, e fa tesoro dei consigli dati da Fergie, il suo fidanzato nero che è anche un poliziotto. Man mano che la posta in gioco diventa più alta, Maddie mette in pericolo non solo la sua vita ma anche quella degli altri. Se la morte di Parker rimane un mistero irrisolto, Lippman trova il modo per arrivare all’assassino di Cleo. Alla fine, però, è il caleidoscopio di prospettive, un intricato mosaico della Baltimora degli anni sessanta – giornalisti, baristi, cameriere, agenti di polizia e atleti locali, molti dei quali basati su personaggi reali – a illuminare La donna del lago. Jen Michalski, The Washington Post
Jean Swinney, la protagonista del sesto romanzo di Clare Chambers, ha 39 anni, fa la reporter per un giornale locale, è nubile, senza figli e vive in un sobborgo del Kent con la madre costretta in casa. La sua è una vita di “piccoli piaceri”: “un bicchiere di sherry prima del pranzo domenicale; una tavoletta di cioccolato sezionata per durare una settimana; un libro appena arrivato in biblioteca, ancora immacolato e non toccato da altre mani”. In testa alla lista c’è la “prima sigaretta del giorno”. I suoi modesti piaceri affiorano su un oceano di silenziosi dispiaceri e frustrazioni. Tuttavia, il romanzo ben temperato di Chambers ha un sottofondo di sesso e pericolo, presente fin dalle pagine iniziali. Piccoli piaceri è un racconto quasi impeccabile su un’autentica angoscia romantica dell’età adulta. Scritto in una prosa curata e ordinata come le siepi dei giardini suburbani, è un libro su persone apparentemente tranquille che nascondono sentimenti turbolenti. Lontano dall’essere accomodante, il romanzo è incentrato sull’omosessualità, sull’aborto e sulla violenza sessuale, temi che Chambers inserisce così profondamente nella narrazione che non è possibile evitarli, anche se i suoi personaggi fanno del loro meglio per aggirarli. Piccoli piaceri riesce a creare uno di quei mondi narrativi compiuti che, per quanto desolati, hanno le loro regole, il loro sapore e il loro fascino. Johanna Thomas-Corr, The Times
L’ultimo racconto della nuova raccolta di Richard Ford parla di un matrimonio fallito – anche se qualcosa, veniamo a sapere, si riesce a recuperare dai rottami. “Jonathan e Charlotte erano divorziati ma erano rimasti amici”. Il matrimonio è un secondo tentativo per entrambi. Jonathan è vedovo; il marito di Charlotte è partito per un viaggio in barca a vela e si è rifatto una vita senza di lei. Charlotte, sicura di sé, non ne ha fatto un dramma. Ha incontrato Jonathan mentre tentava di vendergli un appartamento lussuoso. Dopo un paio d’anni, si rende conto che “non era la persona più adatta per essere la moglie di Jonathan”. Il racconto è un’elegante meditazione sulle relazioni adulte. È il pezzo più forte di questo libro disomogeneo, ma anche qui si nota una pigrizia di osservazione che rovina molti degli altri racconti. L’opera di Ford si è sempre distinta per la precisione delle descrizioni e per l’accurata dissezione della vita americana negli anni successivi alla fine della guerra del Vietnam. Il malcontento dei suoi personaggi ha sempre rispecchiato problemi nazionali. Ma in Scusate il disturbo questa riflessione è troppo spesso assente, e i personaggi sembrano imprigionati da una voce autoriale giudicante. Erica Wagner, The Guardian
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