Rabbioso, intelligente e cupo, La tigre bianca esplora gli orrori della società di un paese (in questo caso l’India delle caste) mettendo al centro della scena anche l’oppressione razziale, la corruzione politica e le tendenze economiche globali. Il protagonista Balram (Adarsh Gourav) a un certo punto dice: “I bianchi sono sul viale del tramonto, ormai gli rimane vita breve, è il secolo dell’uomo giallo e dell’uomo nero e che Dio salvi tutti gli altri”. Il film è tratto dal romanzo dell’indiano-australiano Aravind Adiga (Booker prize nel 2008), amico del regista iraniano-statunitense Ramin Bahrani dai tempi dell’università. Il film racconta di come la vita di Balram cambia per sempre dopo aver cominciato a lavorare come autista di una coppia, a New Delhi, formata dal confuso e liberale rampollo di una ricca famiglia e dalla sua splendida e spensierata moglie indiano-statunitense. Nonostante una parte centrale fin troppo intricata, La tigre bianca, provocatorio ma anche compiacente, funziona a meraviglia. La stessa Chopra Jonas e Ava DuVernay figurano come produttrici esecutive: sono gli angeli custodi di cui la pellicola aveva bisogno. Charlotte O’Sullivan, London Evening Standard
Stati Uniti / India 2021, 125’. Netflix
Stati Uniti 2019, 85’. Mubi
Il primo film di Tyler Taormina inizialmente sembra molto familiare, poi diventa sempre più strano, ma senza eccessi. Può essere visto come un’allegoria della vita suburbana della classe media statunitense, ma offre anche qualcosa di più. È tarda primavera nei sobborghi. Ragazze e ragazzi indossano vestiti, giacche e cravatte. Forse non vanno al ballo di fine anno, ma comunque si preparano per un qualche tipo di evento. Lungo la strada i ragazzi parlano di sesso, in modo esplicito e anche goffo. Le ragazze, invece, di moda e popolarità. Le similitudini con i classici adolescenziali si fermano qui. Senza voler dire di più, Ham on rye può far pensare alla Lotteria di Shirley Jackson, ma a differenza del racconto di Jackson qui non c’è nessuna forma di orrore o di violenza. Il disagio è solo esistenziale. Questo film impressionante, all’inizio molto realistico, sfocia in una sorta di surrealismo che turba e commuove. Glenn Kenny, The New York Times
Regno Unito 2021, 112’. Netflix
La nave sepolta racconta i sensazionali scavi archeologici di Sutton Hoo, in Inghilterra, compiuti alla vigilia della seconda guerra mondiale. L’archeologo autodidatta Basil Brown rinvenne una nave funeraria anglosassone. Brown era stato assunto da Edith Pretty, una vedova convinta che ci fosse qualcosa sepolto nella sua proprietà. Il film, scritto da Moira Buffini, è tratto dal romanzo del giornalista John Preston, la cui zia, Margaret Piggot, partecipò agli scavi. Il film ha i piedi saldamente piantati a terra e ha una sensibilità estremamente britannica, perfettamente incarnata da Carey Mulligan e Ralph Fiennes. Manca tuttavia di passione e stranamente ci viene chiesto d’investire emotivamente sui due protagonisti per poi spostare l’attenzione su una coppia più giovane (Johnny Flinn e Lily James) che hanno evidentemente più potenziale romantico. La nave sepolta è comunque coinvolgente anche grazie agli splendidi paesaggi.
Peter Bradshaw,The Guardian
Francia 2020, 95’. PrimeVideo
Nour, venti chili di troppo e un fiero atteggiamento da maschiaccio (per usare un eufemismo), decide di alzare l’asticella e scoprire il suo lato femminile attraverso la pole dance. Nel ruolo della protagonista, Melha Bedia (la sorella di Ramzy Bedia) è una bella scoperta, almeno per il cinema, visto che è già attivissima sui social network. Tale è la sua verve che Valérie Lemercier, nei panni della professoressa sexy, sembra sottotono. Il film non passerà alla storia, ma dispensa energia e umorismo. Avrebbe potuto essere una commedia sull’accettazione di sé più riuscita se la regia avesse lo stesso impatto della protagonista. È probabile che in tv questo difetto si noti di meno. Guillemette Odicino, Télérama
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