Animali e argomenti scomodi: potete contarci, se si tratta di un romanzo di Sigrid Nunez. Il suo nuovo libro, sottile, discorsivo, minore ma affascinante, I vulnerabili, non fa eccezione. L’animale, questa volta, è un pappagallo: un ara socievole di nome Eureka. La narratrice, una scrittrice senza nome, si trasferisce nell’appartamento di un’amica a Manhattan per occuparsi di Eureka, dopo che il suo proprietario rimane bloccato sulla costa ovest. È la primavera del 2020 e l’America è in confinamento per il covid. L’uccello ha bisogno di compagnia, gli ara hanno un ego. Possono impazzire, come tutti noi, se trascurati troppo a lungo. I vulnerabili è il nono romanzo di Nunez. Il suo più noto resta L’amico fedele (Garzanti 2018), che vinse il National book award. Questo nuovo libro si presenta come un diario del covid, con una leggera impalcatura di eventi a sostegno di una serie di meditazioni. Le interazioni della narratrice con il pappagallo sono divertenti e commoventi. Non avere avuto animali domestici è uno dei suoi principali rimpianti. Giocare con Eureka la rattrista, perché “vedere animali che si divertono può essere uno spettacolo struggente. Suppongo, in parte, perché riduce il divario tra noi e loro”. Il titolo del libro si riferisce al fatto che, avendo superato i 65 anni, la narratrice è considerata “una vulnerabile” di fronte al covid. In un certo senso, ogni romanzo parla dell’invecchiamento, ma Nunez è particolarmente sensibile alle sue tenere umiliazioni.
Dwight Garner,The New York Times
Nessun autore è in grado di evocare la “vecchia, stramba America” come fa Karen Russell. L’antidoto è ambientato a Uz, una cittadina del Nebraska durante l’epoca della grande depressione, ma si spinge anche più indietro, all’epoca dei pionieri che Russell aveva già evocato nel suo capolavoro breve, Proving up, poi trasformato in un’opera lirica. Il romanzo è incorniciato da due catastrofi meteorologiche realmente accadute: la tempesta di polvere del “Black sunday”, il 14 aprile 1935 – in cui la gente era morta soffocata da un muro nero di sabbia in movimento – e, un mese dopo, l’alluvione del fiume Republican, quando caddero sessanta centimetri di pioggia in un solo giorno. Gran parte di ciò che accade tra questi due disastri è “vero” anche emotivamente, ma, nella visione di Russell, il fantastico e il familiare convivono sullo stesso piano. La protagonista è una strega della prateria, che si fa chiamare Antidoto. In parte ciarlatana, ma soprattutto guaritrice, promette di curare i mali dei suoi clienti togliendo loro “qualunque cosa non riescano a sopportare di sapere”. Karen Russell, la strega della prateria della narrativa americana, riesuma ricordi dal subconscio collettivo statunitense e ci invita a vedere la nostra storia per intero. Ma non esistono, purtroppo, antidoti contro la storia. Le nostre consolazioni risiedono in scrittrici come Russell, che rifrangono orrore e meraviglia attraverso il loro specchio deformante, lasciandoci in attesa della prossima, stupefacente rivelazione.
Maureen Corrigan, Npr
Majella O’Neill è sovrappeso, solitaria, misantropa e disprezza qualunque cosa tranne lo sceneggiato tv Dallas. Vive con la madre nella casa di famiglia in una piccola cittadina dell’Irlanda del Nord. Il padre è assente, non ha fratelli o sorelle, e il rapporto con la madre è teso. Ciononostante tutto questo Majella non ha interesse a lasciare la sua città natale, Aghybogey. È una donna sulla trentina che si aggrappa alla routine: lavora sei sere a settimana in una friggitoria, indossa sempre gli stessi vestiti e mangia ogni sera lo stesso pasto da asporto prima di rinchiudersi a guardare le repliche del suo amatoDallas. Il libro d’esordio di Michelle Gallen è un affascinante romanzo antipicaresco, con protagonista una giovane donna che ha paura di andare ovunque. Presto si scopre che il motivo è legato al contesto più ampio dei troubles (il conflitto intestino nordirlandese). La prosa di Gallen non ha particolari ambizioni letterarie, ma il tema dell’impossibilità di sfuggire a un ambiente asfittico rende comunque la storia avvincente. Il suo è un esordio sicuro, con una protagonista indimenticabile: Majella, una donna che desidera solo condurre una vita senza turbamenti, troubles appunto.
Sarah Gilmartin, The Irish Times
La raccolta di racconti horror Qualcosa là fuori – Un’antologia new black horror offre atmosfere inquietanti in abbondanza. Il senso d’isolamento evocato dal titolo si riferisce tanto ai racconti soprannaturali che contiene quanto al difficile rapporto della popolazione nera con il genere horror. Le opportunità per gli scrittori neri in questo campo sono sempre state scarse. Qualcosa là fuori fa pensare a una nuova epoca e le sue storie esplorano cosa sia (e anche cosa potrebbe diventare) l’horror nero. Nella prefazione, Jordan Peele (il curatore del libro nonché regista di film come Get out e Us) sottolinea la varietà dei racconti che ha selezionato: “In questa raccolta diciannove straordinari autori neri ci offrono i loro sunken places, i loro oubliettes,” scrive, paragonando i testi alle prigioni mentali personalizzate del suo film d’esordio e al metodo di tortura medievale che l’ha ispirato. Questo passaggio stabilisce con finezza l’individualità dell’horror nero e prepara il terreno per gli autori che affrontano temi profondi come il razzismo e il lutto, o fantastici come strani esseri delle paludi e bambine fantasma.
Stephen Kearse, The Atlantic
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