Andrés Manuel López Obrador, il leader che detta il ritmo e il tono della politica messicana, la figura più odiata e allo stesso tempo più acclamata del paese, è pronto ad abbandonare la vita pubblica. L’annuncio è arrivato inaspettato a metà aprile: “Voglio visitare tutti gli stati prima di lasciare la fascia presidenziale”, ha detto Obrador, che comincerà il suo viaggio il 3 giugno, il giorno dopo le elezioni in cui i messicani sceglieranno chi gli succederà.

Fedele ai simboli, López Obrador vuole concludere il mandato con quello che l’ha fatto sentire più forte e a suo agio durante tutta la carriera: un bagno di folla, sul campo, circondato dai sostenitori. Ossessionato dall’idea di assicurarsi un posto nella storia, il presidente dedicherà cinque mesi a fare pubblicità ai suoi successi personali, andando oltre gli sforzi del partito Morena e di Claudia Sheinbaum, la candidata alla presidenza a cui ha dato il suo sostegno. Con la promessa di ritirarsi a vita privata quando sarà tutto finito, López Obrador ha deciso di sfruttare ogni secondo che gli resta del mandato. “Stiamo parlando della figura più eccezionale della politica messicana dopo la transizione democratica”, afferma Humberto Beck, professore del Colegio de México. “Ma la sua eccezionalità è ambivalente”.

Un risultato indiscusso

“Non parteciperò a nessuna attività politica, non assisterò a nessuna conferenza e non sarò attivo sui social network”, ha promesso López Obrador. Parlare del suo addio significa pensare a come sarà la politica senza di lui: “È difficile immaginare Morena senza López Obrador”, ammette Beck. La promessa di uscire completamente dalla scena politica era stata fatta diverse volte durante il mandato, suscitando però forti dubbi sia tra gli avversari sia tra i sostenitori del leader messicano. “Anche se parla di un saluto definitivo, l’effetto è diametralmente opposto. È un modo per consolidare la sua presenza”, spiega Beck.

“Difficilmente Obrador lascerà davvero la politica”, afferma Viri Ríos, opinionista del País. Da quando il presidente ha dato il via alla corsa per la successione, nel giugno 2023, Morena ha attivato un processo parallelo per consolidarsi come movimento e per puntare sull’unità. I conflitti, le divergenze e le ambizioni individuali non hanno mai messo in discussione l’autorità di Obrador. Il presidente resta una figura fondamentale del suo partito, di cui è ideologo, stratega e leader indiscusso. “È il cuore di Morena e non credo che arriverà un leader in grado di avere lo stesso controllo”, sottolinea Ríos.

“Anche se Obrador volesse davvero andarsene, Morena lo riporterebbe indietro”, dice l’analista politico Carlos Bravo Regidor. Obrador “è un politico e lo resterà per tutta la vita, i politici non si ritirano”. Il viaggio si svolgerà in un periodo in cui solitamente il presidente uscente cede il palcoscenico a chi prenderà il suo posto. È quindi possibile che nasca una battaglia per la leadership tra Obrador e Sheinbaum, in testa nei sondaggi: “Il presidente si presenta al suo popolo per un’acclamazione finale”, sostiene Regidor. Il viaggio è un ennesimo messaggio rivolto alla favorita per la presidenza: “Sheinbaum è intrappolata nella camicia di forza della continuità, ma gran parte dell’eredità di López Obrador si definirà nei prossimi sei anni”.

Beck concorda con l’idea che il momento scelto per l’addio sia fondamentale per comprenderne la valenza politica: “È una verifica sul suo mandato, ma anche un esercizio di potere per dettare il tono della tappa successiva”, sottolinea.

“Obrador è un presidente fortemente detestato da una parte della popolazione, ma in generale è molto apprezzato”, commenta María Eugenia Valdés, professoressa dell’università Autónoma metropolitana. Ha dedicato gran parte dell’ultimo periodo a parlare della sua eredità politica, indicando come risultato principale la riduzione della povertà, un successo riconosciuto da tutti gli specialisti. Quasi nove milioni di messicani sono usciti dalla povertà durante il suo mandato. Da una prospettiva ufficiale è sensato che l’omaggio si celebri tra le braccia del popolo. Valdés indica anche il rafforzamento della valuta nazionale, il peso, e l’aumento progressivo del salario minimo come miglioramenti che non si registravano da decenni e che differenziano López Obrador dai predecessori. La sua popolarità ha raggiunto il 60 per cento. “Ha creato un movimento e ha lasciato il segno”, dice Valdés.

Ultimo messaggio

“A differenza di altri politici, López Obrador ha fissato con chiarezza un modello di cambiamento per il paese, partendo dalla premessa che le élite avevano favorito governi corrotti per proteggere i propri interessi e che questa deriva si sarebbe interrotta con lui”, afferma Ríos a proposito della popolarità del presidente. “Ha dato voce ai problemi delle classi più basse, ma questo non significa che li abbia risolti”, aggiunge.

“Ha restituito fiducia ad ampi settori della popolazione che si sentivano emarginati o che identificavano la politica con la corruzione e l’abuso, ma tutto è rimasto sul piano simbolico”, aggiunge Beck, che nei fatti registra un’eredità politica più negativa che positiva. “Ha cambiato la storia che raccontiamo giorno dopo giorno sulla politica messicana, ma è una narrativa che punta a mantenere viva la fiamma del conflitto, come se il paese fosse perennemente in campagna elettorale”, sottolinea Regidor.

In definitiva López Obrador si è affermato come forza dominante del paese. È un politico che divide ma di cui tutti parlano. Non esiste candidatura presidenziale che non lo prenda come punto di riferimento: una offre “continuità nel cambiamento”, mentre l’avversaria principale, Xóchitl Gálvez promette un taglio netto e un altro candidato prende le distanze ma riconosce i buoni risultati del presidente. Obrador è l’uomo forte che infrange tutte le regole, che piega le consuetudini elettorali ed è accusato d’intromettersi nella contesa. Ma è anche il presidente più popolare degli ultimi decenni. Nonostante tutto, è uno stratega meticoloso che ha dovuto pensare a come voltare pagina, a pianificare il capitolo finale e a mandare un ultimo messaggio prima di cedere la fascia presidenziale.

Il suo mandato, cominciato nel 2018, si concluderà il 1 ottobre 2024.◆as

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Questo articolo è uscito sul numero 1560 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati