Chi vive in occidente può avere l’impressione che la condanna dell’invasione russa dell’Ucraina sia stata più o meno unanime, ma così non è, scrive il New York Times.

La maggior parte dei 195 paesi del mondo non ha spedito armi né ha aderito alle sanzioni; alcuni hanno appoggiato la Russia; e parecchi hanno deciso di non schierarsi con nessuno.

India e Israele, per esempio, sono tradizionalmente alleati degli Stati Uniti, ma contano sui russi per la loro sicurezza nazionale e per questo hanno preferito non sostenere gli ucraini.

Sono in compagnia di molti paesi latinoamericani, del sudest asiatico e africani, che fanno affidamento sull’assistenza militare di Mosca o non vogliono incrinare i rapporti con la Cina, la quale a sua volta gioca una partita delicata: a parole è con Putin, ma al tempo stesso deve salvaguardare i suoi interessi economici e la sua influenza globale.

Proprio come succede in Europa, anche nei paesi democratici che non hanno condannato l’invasione russa c’è un dibattito interno. Lunedì scorso il quotidiano francese Le Monde ha pubblicato l’appello di ottanta intellettuali che chiedono di appoggiare la resistenza ucraina “senza riserve”.

Tra i firmatari ci sono lo scrittore nigeriano Wole Soyinka, la giornalista israeliana Amira Hass, la scrittrice indiana Arundhati Roy, oltre allo scrittore francomarocchino Tahar Ben Jelloun e al linguista statunitense Noam Chomsky.

“In molti dei nostri paesi gran parte dell’opinione pubblica è schierata con il dittatore russo. In nome di un antimperialismo che nel corso degli anni si è trasformato in odio, si applaude chiunque si opponga all’occidente”.

Senza nulla togliere alle responsabilità delle potenze occidentali, dicono i firmatari, “non dobbiamo combattere la battaglia sbagliata. Chiunque oggi sia per la libertà e contro la tirannia deve stare a fianco degli ucraini. La libertà va difesa ovunque. Ci rifiutiamo di sostenere una dittatura con il pretesto che i suoi avversari sono nostri nemici. Difendendo la guerra di Putin, ci priviamo del nostro diritto a essere liberi”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1457 di Internazionale, a pagina 7. Compra questo numero | Abbonati