“Era un incontro informale. Davanti a salmone e verdure”, ha raccontato Natalie Schachar sul New York Times. “Barbara Ehrenreich stava discutendo con il direttore di Harper’s Magazine quali articoli scrivere per la rivista. Poi, come lei stessa ha ricordato, cominciarono a divagare. Come si può riuscire a vivere con il salario minimo? Un giornalista ostinato dovrebbe cercare di scoprirlo. Il suo direttore, Lewis Lapham, aveva fatto un mezzo sorriso e aveva risposto con una sola parola: ‘Tu’”.

Barbara Ehrenreich è morta il 1 settembre in Virginia, negli Stati Uniti. Aveva 81 anni ed è stata una delle più brillanti giornaliste della sua generazione.

Ha scritto decine di inchieste e reportage pubblicati dai più importanti giornali di tutto il mondo e ventuno libri, di cui il primo, nel 1969, sul movimento contro la guerra in Vietnam. Ma il suo libro più famoso è stato senza dubbio Una paga da fame (Feltrinelli), uscito nel 2001.

Per scriverlo si fece assumere come cameriera, donna delle pulizie e commessa, tutti lavori pagati in media 7 dollari l’ora, e per un anno e mezzo cercò di vivere con quello stipendio. Spiegò che è impossibile, se non facendo almeno due lavori a tempo pieno. A chi le faceva i complimenti per la sua inchiesta, rispondeva: “Milioni di persone fanno questo tipo di lavoro ogni giorno per tutta la vita, non li avete notati?”.

Alla sua attività giornalistica aveva accompagnato la militanza femminista e l’impegno politico, e tra gli anni ottanta e novanta era stata anche una dirigente dei Democratic socialists of America.

Era convinta che il lavoro di giornalista consistesse nel far luce sul dolore inutile nel mondo. Intervistata dal New Yorker, a proposito dello sforzo di cambiare le cose aveva detto: “L’idea non è che nel corso della nostra vita ce la faremo e che questa è la misura di chi siamo, ma che moriremo provandoci”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1477 di Internazionale, a pagina 7. Compra questo numero | Abbonati