Nel secondo millennio avanti Cristo gli ittiti abitavano in quella che oggi è la Turchia. Questa civiltà scomparve in modo rapido e misterioso.

Di recente un gruppo di archeologi ha individuato un periodo di grave siccità tra il 1198 e il 1196 aC. L’ipotesi è che la mancanza di raccolti scatenò carestie e conflitti, e fu un punto di non ritorno, anche se probabilmente il clima non fu l’unica causa della scomparsa degli ittiti.

Il 7 aprile, in occasione della giornata della salute, l’Organizzazione mondiale della sanità ripeterà i soliti messaggi: che tutti hanno diritto a vivere in buona salute e in un mondo pacifico, prospero e sostenibile.

Giusto, [scrive la rivista medica The Lancet](https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(23)00670-0/fulltext), ma c’è un’importante verità non detta: “Il pianeta e le sue forme di vita sono minacciate dalla nostra avidità, dal nostro sfruttamento e dalle nostre bugie. Se non si affrontano i pericoli creati dagli stessi esseri umani, la salute per tutti non sarà che un miraggio”.

Anche se si è tentati di dare la colpa a forze esterne, la realtà è che la minaccia più grande che dobbiamo affrontare siamo noi stessi, continua la rivista. In un saggio intitolato Collasso, il biologo Jared Diamond sosteneva che le civiltà umane falliscono quando falliscono gli esseri umani che le compongono.

“Il collasso di una civiltà è un processo umano, che dipende da scelte umane. Ma collasso non significa necessariamente distruzione apocalittica. Può essere un nuovo inizio”, scrive sempre The Lancet. “Quello che dovrebbe interessarci sono le condizioni in cui avviene l’adattamento. Come possiamo riorganizzarci pur rimanendo gli stessi in termini di identità, struttura e funzioni?”.

E come dobbiamo giudicare le nostre istituzioni? Abbiamo le informazioni corrette per prendere le decisioni giuste? Riusciamo a valutare queste informazioni in modo imparziale? Siamo disposti a lavorare insieme per risolvere le nostre difficoltà comuni? Se non vogliamo finire come gli ittiti, dovremmo evitare di lasciare le risposte agli archeologi. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1506 di Internazionale, a pagina 5. Compra questo numero | Abbonati