Francia, 12 ottobre 2022. Migranti si imbarcano da Gravelines per attraversare La Manica. (Sameer al Doumy, Afp)

Era il 28 luglio 1951 quando a Ginevra una conferenza speciale delle Nazioni Unite approvò la Convenzione relativa allo status dei rifugiati.

L’articolo 1 della Convenzione dice che il rifugiato è chi “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese”.

All’epoca era la risposta concreta a una questione urgente: lo spostamento di massa di milioni di persone dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Il principio fondamentale della Convenzione, spiega l’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, è quello del non-refoulement, secondo cui “nessun rifugiato può essere respinto verso un paese in cui la propria vita o libertà potrebbero essere seriamente minacciate. Oggi è ormai considerato una norma di diritto internazionale consuetudinario”.

Di rifugiati si è occupato [uno degli ultimi numeri](https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(23)01239-4/fulltext) della rivista medica The Lancet, notando come in molti paesi ad alto reddito, di cui molti europei, le politiche sui rifugiati non sono ispirate a princìpi di accoglienza e inclusività, ma basate su esternalizzazione, deterrenza, contenimento e rimpatrio.

Invece, scrive The Lancet, dovremmo cominciare con una verità: “La migrazione è una caratteristica dell’esistenza umana da millenni. Tra i settanta e i centomila anni fa, l’Homo sapiens cominciò a migrare dall’Africa e a popolare parti dell’Europa e dell’Asia. Da allora gli spostamenti umani non si sono mai fermati. Le condizioni che costringono le persone a diventare rifugiati sono cariche di ingiustizia e crudeltà. Richiedono prevenzione, mitigazione, risoluzione e riparazione. Ma il movimento stesso delle persone, volontario o forzato, è una parte indelebile della nostra storia e del nostro futuro”.

Per questo è necessario che sia “consentito a tutti, nel modo più compassionevole possibile”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1517 di Internazionale, a pagina 5. Compra questo numero | Abbonati