La gravità di quanto successo il 14 giugno al largo di Pylos e le informazioni che stanno emergendo sulla dinamica di questa tragedia rilanciano con forza il tema della mobilità delle persone nel Mediterraneo e delle pericolosissime limitazioni a cui è sottoposta. Da tempo dell’argomento si occupano scienziati sociali, attivisti e militanti. Tra quanti lo fanno in modo originale c’è un gruppo di ricercatori delle università di Genova, Parma e Napoli Orientale, riunito nel progetto di ricerca Mobs (Mobilities, solidarities and imaginaries across the borders). A settembre e ottobre dell’anno scorso alcuni di loro hanno deciso di fare un’inchiesta etnografica sul campo, attraversando in barca i luoghi della migrazione a sud dell’Italia (Pantelleria, Lampedusa, Linosa, Malta) e parlando con chi convive con gli effetti dei divieti di accesso legale all’Europa (“migranti in transito, pescatori, marinai, guardacoste, funzionari delle forze dell’ordine e delle agenzie europee, umanitari, solidali”). Il diario di bordo racconta questa impresa condotta rimbalzando sul confine delle acque territoriali italiane, cogliendo elementi inediti grazie alla prospettiva “nautica” (che rende visibile ciò che accade di notte o in mare aperto), riducendo la distanza tra ricercatori, marinai e abitanti. Riuscendo insomma a raccontare come le “necropolitiche” europee stanno trasformando i luoghi e le persone. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1517 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati