Uno studio pubblicato dal World inequality lab spiega che il sistema fiscale italiano, per come è costruito, fa pagare in proporzione meno imposte al 7 per cento più ricco della popolazione di quante ne paga chi ha un reddito basso o medio, alimentando le disuguaglianze e danneggiando le finanze pubbliche di uno dei paesi più indebitati d’Europa. Nei paesi più avanzati, con l’aiuto di consulenti finanziari e basse imposte sugli investimenti, i ricchi massimizzano il rendimento da capitale e riducono le tasse, soprattutto se rientrano nell’1 o nel 2 per cento più ricco della popolazione. Secondo cinque economisti, tra cui Alessandro Santoro, ex funzionario del ministero dell’economia, la distorsione in Italia avviene molto prima sulla scala del reddito e della ricchezza: la tassazione è regressiva sia per i super-ricchi sia per il 7 per cento dei contribuenti con un reddito medio e alto. La tassazione progressiva fa pagare più tasse a chi guadagna di più e ha più risorse. In quella regressiva il principio è invertito. “In Italia emerge una regressività notevole rispetto ad altre economie comparabili. Il fenomeno riguarda i redditi sopra i 76mila euro con patrimoni intorno ai 450mila euro”, spiega Santoro.
Ridurre il debito
Gli economisti sostengono che aumentare la tassazione sui redditi medi e alti ridurrebbe le disuguaglianze in un paese dove la povertà è in crescita da anni, e permetterebbe al governo di ridurre il secondo debito pubblico più alto tra quelli della zona euro. Oppure di tagliare le imposte ai redditi più bassi, aumentando i consumi e la crescita economica.
Un portavoce del ministero dell’economia ha dichiarato che il governo non intende aumentare le imposte e ha detto che la legge di bilancio per il 2025 prevede degli sgravi fiscali per i redditi medi e bassi. L’Italia è un paese con una tassazione relativamente alta e con imposte varie che nell’insieme ammontano al 41,5 per cento del pil. Ma il peso di queste imposte non è distribuito equamente. Proprietà e attività finanziarie, tipiche fonti di reddito per i ricchi, sono poco tassate, i redditi da lavoro autonomo hanno aliquote basse e la tassa sulla successione è insignificante.
Nel frattempo, i dati della Commissione europea mostrano che in Italia sugli stipendi lordi, già bassi, imposte e contributi previdenziali pesano più che in qualsiasi altro paese dell’Unione europea.
La maggior parte degli investimenti finanziari in Italia è tassata con un’aliquota minima del 12,5 per cento e massima del 26 per cento. L’affitto degli immobili è tassato con un’aliquota fissa del 21 per cento. L’abitazione principale non è tassata. I lavoratori autonomi, base elettorale del governo di estrema destra di Giorgia Meloni, pagano appena il 15 per cento su un reddito annuo fino a 85mila euro, mentre l’aliquota più alta, del 43 per cento, si applica ai lavoratori dipendenti con redditi superiori ai 50mila euro all’anno. Il risultato di queste distorsioni è che le persone che guadagnano tra i 29mila e i 75mila euro (il 21 per cento dei contribuenti) contribuiscono per più del 40 per cento delle entrate fiscali, come mostrano i dati del ministero dell’economia. La tassa sulle successioni frutta un miliardo di euro all’anno, contro i 18 miliardi in Francia.
Il governo fatica a trovare 2,5 miliardi di euro nel bilancio 2025 per tagliare le imposte per chi guadagna tra i 50 e i 60mila euro. Meloni non vuole ottenere questa somma tassando i più ricchi, anche se di recente ha raddoppiato una discussa flat tax sui redditi percepiti all’estero, introdotta per attirare i milionari in Italia.
Mariana Mazzucato, che insegna economia allo University college London, spiega che le flat tax sono regressive e non producono risultati positivi. Il governo italiano sostiene che le flat tax semplificano il sistema, riducendo l’evasione fiscale.
Secondo Santoro bisognerebbe introdurre una tassa patrimoniale per l’1 per cento più ricco della popolazione (500mila persone con patrimoni di almeno due milioni di euro), che farebbe incassare fino a 12 miliardi di euro all’anno. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1593 di Internazionale, a pagina 39. Compra questo numero | Abbonati