“Quando un bambino chiede il bis è una vittoria”, dice Víc­tor Miralles mentre sbuccia le patate. Siamo nella cucina della scuola pubblica El Grau, a Valencia. “Invece quando lascia gli avanzi nel piatto lo vive come un fallimento”, aggiunge versando le patate in una pentola dove sta cucinando una gran quantità di broccoli. “Come possiamo risolvere questo problema? Innanzitutto dando alle bambine e ai bambini porzioni piccole, ma con la possibilità di chiederne ancora”. Miralles ha pensato molto ai modi per insegnare ai bambini a mangiare bene, usando prodotti biologici, a chilometro zero e di stagione.

Spesso bisogna lavorare con sapori complessi, che sono ostici per molti di loro. A volte si usano dei piccoli espedienti: per esempio si taglia il pesce a strisce e poi lo s’infarina con pepe e origano così i bambini lo scambiano per _ fingers _di pollo. Oggi Miralles ha messo in forno il tacchino condito con pepe, timo e aglio. Poi ci aggiungerà una salsa di pomodoro, cipolla e carota: gli ultimi due ingredienti tolgono l’acidità del pomodoro, e non serve mettere lo zucchero.

Spesso bisogna lavorare con sapori complessi, che sono ostici per molti bambini e bambine. E a volte si usano dei piccoli espedienti

“L’altro giorno ho fatto assaggiare le lenticchie a un bambino che non le aveva mai mangiate. Ne ha spazzolati tre piatti. È stato un successo. In queste occasioni torni a casa felice”, racconta.

Nel 2016 Miralles, che una volta ha vinto diversi premi per un piatto a base di fagioli proposto in un ristorante di lusso, ha cambiato vita ed è finito in una mensa scolastica. Oggi fa parte della rete Chefs 2030, uno spazio in cui i professionisti della cucina collettiva di tutta la Spagna condividono i loro segreti per rendere attraente e saporita l’alimentazione responsabile e sostenibile, anche quando è per molte persone.

La rete è sostenuta dall’associazione Menjadors ecològics, che ha allestito più di quattrocento cucine scolastiche e collabora con molte aziende specializzate. Tra queste c’è la Cuinatur, dove lavora Miralles, che a sua volta è collegata alla ong Cerai. Oltre ad aver proposto vari laboratori ai maestri e alle famiglie di El Grau, nel 2016 Cerai ha appoggiato la creazione della piattaforma statale per un’alimentazione responsabile a scuola, insieme a molti collettivi guidati da Ceapa, la principale federazione di associazioni di famiglie coinvolte nell’istruzione pubblica.

Miralles, la sua cucina e questa piccola scuola valenciana fanno parte di un movimento più grande, un progetto che da tempo si sta diffondendo in Spagna, anche se lentamente. Si fa largo a fatica in un contesto segnato dall’indifferenza, dall’incomprensione e da interessi che spingono in senso opposto, verso la scomparsa delle cucine negli istituti: secondo una stima del 2018, le società di catering riforniscono quasi due terzi delle mense scolastiche spagnole.

“Siamo quello che mangiamo. L’alimentazione fa parte del nostro apprendimento. Le mense sono un elemento fondamentale per sensibilizzare bambini e bambine che diventeranno i consumatori e i produttori del futuro, per promuovere abitudini sane e prevenire l’obesità e altri disturbi”, si legge nel manifesto per un’alimentazione responsabile nella scuola.

Il passo è breve

Nel libro _Alimentar el cambio _(Alimentare il cambiamento), pubblicato nel 2019 da Ecologistas en acción e finanziato dalla fondazione Carasso, sono elencati i risultati ottenuti.

Non ci sono dati sulle dimensioni esatte del movimento, che comunque rappresenta solo una piccola parte delle oltre 17mila mense che sono attive in Spagna e la cui gestione ricade sulle comunità autonome. Alcuni protagonisti del movimento sono pessimisti sulla situazione è creata con la pandemia (le mense hanno combattuto per sopravvivere e i discorsi sui miglioramenti sono passati in secondo piano), mentre altri sottolineano che c’è un interesse crescente. “La gente è molto più attenta di prima al tema del mangiare sano. Da questo alla mensa scolastica il passo è breve”, afferma Genaro Delgado, portavoce della Plataforma comedores escolares de Aragón, anche se il salto dalla consapevolezza all’azione è ancora difficile. “L’amministrazione che gestisce il bilancio ha gli strumenti per farlo”, spiega Javier Chavanel, esponente della Comisión de comedores escolares della federazione Ceapa. Per cominciare si potrebbe aprire una cucina in tutte le scuole che non ce l’hanno.

In ogni caso il movimento sta prendendo piede in quasi tutto il paese. “Chi ha cambiato non torna indietro”, sottolinea Nani Moré, cuoca e fondatrice di Menjadors ecològics.

Nella scuola El Grau oggi sono tutti soddisfatti, ma il preside Josep Fortaña ammette che all’inizio è stato difficile. E in diversi casi, dice, il processo si è bloccato subito. La sua scuola ha avuto un incidente di percorso quando un alunno ha trovato un insetto nella zuppa. È stata convocata una riunione d’emergenza del consiglio scolastico, abbastanza accesa, ma alla fine il progetto è andato avanti. Quell’ostacolo è stato superato perché prima era stato fatto un grande lavoro. E infatti vale la pena cominciare dal principio.

Matematica e fotosintesi

La scuola pubblica El Grau si trova al confine tra due quartieri di Valencia: da un lato il Grao, la zona portuale, umile e operaia; dall’altro la Ciudad de las artes y las ciencias, un quartiere in espansione con famiglie di livello socioeconomico medio-alto. Questa situazione crea un forte pluralismo (quest’anno gli iscritti sono 158) che per gli insegnanti è prezioso.

Nel 2006 è nato l’orto e da allora l’iniziativa cresce: più spazio, più apparecchiature (ci sono tre compostiere), più partecipanti (all’inizio se ne occupavano gli alunni più grandi invece oggi sono tutti coinvolti, anche quelli di tre anni) e maggiore ambizione.

“Ogni classe ha il suo spazio. L’obiettivo è usare l’orto come strumento didattico per affrontare alcuni argomenti: la sostenibilità, l’ecofemminismo, il cambiamento climatico. Ogni giorno i bambini e le bambine annotano sui loro quaderni tutto quello che facciamo. Analizziamo cosa abbiamo piantato e riconosciamo le piante. Possiamo anche esercitarci con la matematica, per esempio con il volume della compostiera. Per non parlare della fotosintesi”, dice il preside di El Grau.

Al momento del raccolto, a turno gli alunni portano a casa i prodotti dell’orto per cucinarli con i genitori. Documentano il processo e poi lo illustrano in classe con una serie di foto. Accanto alla formazione degli insegnanti, il lavoro con i genitori è fondamentale per realizzare un cambiamento profondo; la mensa rappresenta solo una piccola parte del percorso, anche se importante. Nell’anno scolastico 2016-2017 il direttivo della scuola ha deciso di allargare i valori trasmessi attraverso il lavoro nell’orto e si è affidata alla Cuinatur, un’azienda che usa prodotti a chilometro zero e cibi non processati, con menù ricchi di proteine vegetali e pesce locale una volta alla settimana.

“All’inizio non è stato facile. Abbiamo dovuto sensibilizzare gli studenti sull’importanza di mangiare bene. Abbiamo organizzato corsi con le famiglie per parlare di colazioni e merende sane. E i pomeriggi cucinavamo insieme con i prodotti dell’orto. Abbiamo coinvolto gruppi di genitori che seguendo il cuoco e la cuoca hanno imparato a preparare torte di carote, ciambelle e biscotti. Ci è voluto un po’ prima che le bambine e i bambini si abituassero ai passati di verdure, all’insalata e a ridurre il consumo di alcuni alimenti”, dice Fortaña. Tra i problemi, continua il preside, non ci sono stati i soldi: tra i preventivi arrivati quello della Cuinatur non era il più caro.

Nella scuola El Grau, a Valencia, oggi sono tutti soddisfatti. Ma il preside Josep Fortaña ammette che all’inizio è stato difficile

In generale (con differenze importanti tra una comunità e l’altra) le scuole dell’infanzia e primarie hanno un certo margine di scelta sul modello di mensa: l’autogestione (con cucina e personale propri), il servizio diretto dall’amministrazione locale (comunità e municipi) e l’appalto ad aziende specializzate. In mancanza di dati ufficiali, le stime fatte finora indicano che l’esternalizzazione è la formula più diffusa e copre due terzi del totale, forse qualcosa in più. In questo caso, i consigli d’istituto cercano aziende che offrano il servizio per la cifra pagata dalle famiglie per la mensa (secondo uno studio condotto da Ceapa nel 2019, il prezzo fissato dalle regioni variava dai 3,5 euro in Asturia ai 6,5 euro delle Baleari), a cui si aggiungono gli extra versati da alcune comunità. O anche per meno: se avanza qualcosa, la metà si reinveste nella mensa e il restante può coprire altre necessità dell’istituto.

Secondo la federazione che rappresenta il settore della ristorazione collettiva, Food Service España, c’è una maggiore richiesta di pasti a base di alimenti biologici e a chilometro zero. “I prodotti locali, biologici e di stagione non sono una moda, ma una tendenza destinata a durare. Tutte le nostre aziende stanno lavorando in questa direzione e sono nelle condizioni d’introdurre questi prodotti nei menù”, ha risposto ­Food Service España attraverso un questionario. Alla domanda sulle differenze di prezzo tra le proposte biologiche e quelle convenzionali, dice: “Il nostro settore ha margini ristretti, visto che si basa su attività in un’economia di scala. Siamo specializzati nel far crescere i fornitori e rendere le strutture più efficienti”.

Il movimento per l’alimentazione sostenibile critica da anni le grandi aziende che controllano questo settore. “Circa trecento imprese che si dedicano a una produzione intensiva e si preoccupano di ridurre i costi per avere margini di guadagno”, si legge in un rapporto di Menjadors ecològics pubblicato nel 2020. Nel 2018, continua il rapporto, le prime dieci imprese del settore concentravano “quasi il 55 per cento dell’attività e le prime due da sole il 23 per cento”.

Nel 2016 le aziende favorevoli al cambiamento hanno fondato una loro associazione: Mensa cívica.

Economia domestica

Visto che dal 2017 la legge sulla contrattazione pubblica permette d’includere altri criteri oltre al prezzo – per esempio la predilezione per prodotti locali, di stagione e biologici – Menjadors ecològics propone innanzitutto di mantenere la cucina nelle scuole e poi di seguire alcuni princìpi per la scelta dell’azienda che la gestirà. Il primo è la possibilità di sapere quanto del prezzo pagato per ogni menù serve a comprare gli alimenti. Poche aziende danno quest’informazione, ed è probabile che molte facciano dei tagli proprio lì.

James Wojcik, Trunk

Secondo la cuoca Nani Moré, conoscere con precisione come sono spesi i soldi permette di offrire pasti sani quasi con ogni budget. “Questo tipo di alimentazione non è più costoso di altri. Ma richiede più risorse. Se mi limito a offrire pasti che compro non devo fare nulla: non devo coinvolgere nessuno né formarlo. Non devo quasi investire”. Menjadors ha sviluppato alcune linee guida e strumenti per favorire il processo di cambiamento, partendo da un calcolo di base: “In Spagna nutrire un bambino della scuola primaria costa al massimo un euro e mezzo”. Basandosi su questo dato bisogna cercare i fornitori a cui versare una cifra giusta, dice Moré. “Si tratta di fare economia domestica, come ai tempi dei nostri nonni”.

Le leggi di alcune comunità autonome danno ai centri scolastici più margine di altre nella scelta di come gestire il servizio mensa. Nel Paese Basco si possono mettere sotto contratto solo alcune aziende autorizzate dall’amministrazione e assegnate per sorteggio. La comunità di Madrid non permette la gestione diretta da parte della scuola, con cucina e personale propri. In Galizia, invece, c’è un’ampia varietà di modelli, con un risultato controcorrente: ci sono più cucine scolastiche che servizi di catering (in Andalusia invece il rapporto è di dieci a uno in favore dei catering). I problemi, spiega Moré, riguardano la sensibilizzazione e la formazione, oltre all’organizzazione e alla logistica per trovare una rete di fornitori vicini in grado di offrire un servizio stabile, in cambio di prezzi equi. Soprattutto, è indispensabile che i fornitori siano attrezzati per sopravvivere ai momenti di crisi, come durante la pandemia o dopo l’invasione russa dell’Ucraina, che ha fatto salire i prezzi dei generi alimentari.

Dosare adeguatamente le quantità è fondamentale. Víctor Miralles conosce così bene i suoi commensali di El Grau che sa in anticipo quanto dovrà cucinare, in modo che non manchi mai niente ma allo stesso tempo non ci siano sprechi.

Il vitello con cous cous è uno dei suoi piatti forti. Un altro è la lasagna vegetariana. “Al posto della carne metto la soia testurizzata. I ragazzi ne vanno matti. Posso preparare vassoi e vassoi di lasagne, le finiscono sempre”, dice Miralles. Poi aggiunge: “Se uso solo prodotti naturali ma poi le pietanze sono insapori allora è tutto inutile. I piatti devono essere gustosi perché è importante che i bambini distinguano i sapori. Per esempio, in inverno uso molto la zucca per addolcire le pietanze”.

Un legame affettivo

Miralles parla dell’allegria che cerca di trasmettere a mensa, dell’ambiente rilassato e del rapporto stretto che stabilisce con i bambini e le loro famiglie. La Cuinatur propone ogni giorno uno spuntino o una cena che si abbinino con i piatti che i bambini hanno consumato a mezzogiorno. A volte le famiglie seguono il consiglio, altre no. Ma è comunque una possibilità. Lo stesso vale per il canale You­Tube dove Miralles pubblica e illustra le sue ricette.

Oggi, dopo la crema di verdure, il cuoco offre un secondo giro di pane per chi vuole fare la scarpetta nella salsa del tacchino al forno. Alla fine un bambino per ogni tavolo aiuta a pulire. I professori che restano a mangiare a scuola trovano lo stesso menù degli alunni.

Di solito Fortaña si ferma a mangiare nell’istituto, oggi però ha un impegno. La mattinata è stata complicata, con l’iscrizione di alcuni bambini ucraini arrivati in città da poco.

Prima di andarsene il preside ci parla di semi e radici. “Sono cresciuto in un piccolo paese calpestando la terra nei campi”, dice. “I bambini di Valencia invece calpestano l’asfalto, non la terra. Camminare sulla terra è un piacere, come affidarsi alle fasi della Luna. In città osservare il cielo è sempre più difficile. Il Sole, la fotosintesi, la terra, la nostra cultura, il riso della laguna che abbiamo qui vicino: ci sono infinite possibilità educative per capire chi siamo, da dove veniamo, cosa vogliamo e cosa ci piace, come possiamo dare senso al nostro lavoro piantando fave, raccogliendole, sbucciandole, portandole a casa e cucinandole tutti insieme. In questo modo, attraverso la cucina, leghiamo emotivamente gli alunni e le famiglie alla scuola”. ◆as

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Questo articolo è uscito sul numero 1477 di Internazionale, a pagina 56. Compra questo numero | Abbonati