Il 4 aprile del 1968, il reverendo Martin Luther King Jr venne assassinato mentre si trovava sul balcone di una stanza d’albergo a Memphis, nel Tennessee. Nell’immaginario collettivo quell’assassinio coincide con una vittoria del movimento per i diritti civili dei neri statunitensi, coronato qualche giorno dopo dall’approvazione del Fair housing act, la legge contro la discriminazione abitativa. Ma com’è possibile che la morte di uno dei principali leader di un movimento sia diventata allo stesso tempo anche il simbolo di una vittoria? Il processo di beatificazione civile di Martin Luther King è servito a far dimenticare la rivoluzione avvenuta pochi giorni dopo l’omicidio. Come disse Jesse Jackson, “i bianchi non si rendono conto che quello che hanno ucciso era il loro migliore amico”. Già la sera del 4 aprile la capitale Washington venne invasa da rivolte e nei giorni successivi seguirono anche Chicago, Buffalo, Boston, Detroit e San Francisco. Il pod­cast Holy week ricostruisce in otto puntate i mesi precedenti all’assassinio di Martin Luther King e la settimana di fuoco che ne seguì, in un momento in cui gli Stati Uniti andarono vicini a una seconda guerra civile. Fu poi la stessa comunità nera, ferita dall’omicidio di uno dei propri leader, a trovare la forza e la lucidità per convogliare il lutto e la rabbia verso l’impegno per una convivenza civile con i bianchi. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1504 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati