Pensavo fosse Diodato, o il Niccolò Fabi di Andare oltre, invece era Dente. In attesa dell’uscita del suo nuovo disco il 7 aprile – si chiama Hotel Souvenir e ospita tra gli altri Colapesce, i Post Nebbia, Giorgio Poi e Dimartino –, una frase del genere potrebbe apparire come una piccola detrazione (non lo è), e riguarda l’ascolto di uno dei tre singoli scelti per accompagnare l’album.

S’intitola Cambiare idea, lo ascolto tre volte al giorno, e per tante ragioni è la canzone che avrebbe meritato di vincere Sanremo quest’anno. In un certo senso, è la canzone post-sanremese perfetta, capace di tenere insieme malinconia, melodia e un certo equilibrio stentato che accenna qui e lì a disfarsi e non a rompersi.

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Il fatto che nella storia di separazione e metamorfosi che racconta sia un brano che non aspira alla rottura in nessun modo, né dal punto di vista formale né da quello sentimentale, è uno dei motivi per cui Cambiare idea resta in testa, soprattutto in un momento di bassa resistenza personale, in cui prevale l’istinto di lasciarsi andare.

Vincere la resistenza è quello che un bravo cantautore dovrebbe saper fare, e qui Dente lo fa in maniera semplice e sottile; per farla breve si sente subito il “senso” della canzone. Ci sono diversi modi per interpretare i cambiamenti dello stile di Giuseppe Peveri nel corso degli anni, e le chiavi di lettura più ciniche orientate alla ricerca di un successo pop andrebbero abbandonate perché s’indeboliscono man mano che una voce continua a mutare nel corso del tempo. Cambiare non è un processo lineare, ogni tanto richiede delle prove. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1504 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati