A 32 anni dall’indipendenza e con una lunga storia di oppressione alle spalle, l’Ucraina sta vivendo un processo di formazione e riforma dell’identità nazionale, accelerato dall’aggressione militare russa. Uno dei mezzi principali per esprimerlo è la musica popolare contemporanea, nel senso ampio del termine.

Molti artisti emergenti da un lato tentano di confrontarsi con la storia del colonialismo sovietico, quando l’Ucraina era considerata una zona periferica, abitata da contadini analfabeti e dipendente da Mosca. Dall’altro vogliono creare un prodotto di qualità. I principali elementi di questo processo sono la lingua, la rivalutazione del passato e la rilettura delle tradizioni popolari.

In cerca d’identità

I giovani musicisti ucraini sono sorprendentemente legati alla musica degli anni ottanta e novanta, al centro dei primi tentativi di emancipazione dall’egemonia culturale dell’Unione Sovietica. Il festival Červona ruta, nato nel 1989, fu fondamentale. Secondo l’organizzatore Kyryl Stetsenko “aprì gli occhi e le orecchie a chi soffriva del complesso d’inferiorità nazionale”. Gli anni novanta furono segnati dall’euforia e, per la prima volta nella storia della musica del paese, la lingua ucraina era il criterio per accedere alle classifiche.

Ma la fioritura della cultura musicale ucraina non durò a lungo. Alla pressione economica e politica, la Russia aggiunse quella culturale, e la neonata scena musicale ucraina, indipendente e ancora instabile, fu soppiantata dal pop russo. Inoltre molti musicisti ucraini passarono al russo attratti dall’idea del successo in un mercato molto più ampio. A poco a poco l’industria dell’intrattenimento locale fu quasi completamente russificata.

L’invasione russa del 24 febbraio 2022 ha cambiato tutto. La lotta per l’esistenza ha trasformato la cultura ucraina: la musica di produzione locale ha riempito i programmi radiofonici destinati alle truppe e sostituito il pop russo o di lingua russa. C’è stata una fase, soprattutto all’inizio dell’invasione, in cui i simboli della guerra sono serviti per una sorta di speculazione commerciale. I cliché sul battaglione Azov, i missili Javelin e i droni Bayraktar rientrano nel fenomeno noto come bayraktarščyna, musica che strumentalizza e appiattisce la tragicità della guerra. Una tendenza che è stata quasi subito criticata e arginata.

Palindrom (Olha Klymuk/Palindrom, Instagram)

La limitazione della bayraktarščina ha poi stimolato l’interesse per l’indie pop, un genere che offre più profondità emotiva e onestà, rispondendo così al cambiamento di umore nella società ucraina. Per esempio, i testi della band punk rock di Odessa Hate Speech, o del suo frontman Dmytro Odnoroženko, esprimono apertamente l’odio contro i russi. E la presunta apoliticità di alcuni musicisti che hanno continuato a lavorare per l’industria dell’intrattenimento russa e a creare in lingua russa dopo il 2014 non è sfuggita alle critiche.

A un anno e mezzo dall’inizio dell’aggressione militare, lo stato di guerra si è in qualche misura trasformato – per quanto tragicamente – nella nuova normalità. Sentimenti di frustrazione, rabbia e odio sono sempre più spesso accompagnati da riflessioni culturali, politiche e sociali. La musica rivolta al consumatore medio continua a poggiare su cliché – salo (cucina tradizionale), horilka (vodka) e _hopak _(danza popolare) – ma i social network e le piattaforme di streaming hanno aperto la scena indie a un pubblico più ampio, compreso quello di TikTok.

Proprio su TikTok si è affermata Liza Uhlač, 19 anni, con il progetto Struktura ščasťa (La struttura della felicità), un divertente, quasi infantile mix di techno, witch house e breakcore accompagnato da testi dark sull’autolesionismo, la droga, la depressione, la guerra e la morte, rivolto principalmente a un pubblico adolescente. L’instabilità psichica è diventata uno dei temi centrali dei testi musicali.

La canzone Stan (Condizione) della band Karoon si concentra invece sugli stati emotivi di chi è costretto ad amarsi a distanza. Un tema che non sorprende in una società in cui la separazione fa parte della realtà quotidiana, così come non devono stupire testi che parlano di dolore, lutto, tristezza e altre condizioni direttamente o indirettamente causate dalla guerra. Del resto l’intensità dell’esperienza musicale permette di affrancarsi dall’autocommiserazione.

Onuka (Onuka, Facebook)

L’Ucraina è stata a lungo un territorio di confine, un “cuscinetto” tra l’Europa e la Russia. Secondo la musicologa ucraino-statunitense Marie Sonevytsky, questa “liminalità” ha fatto sì che la tradizione popolare ucraina fosse concepita come la manifestazione di una cultura semi­esotica e “selvaggia”.

Potenziale inespresso

La rivolta della musica tradizionale ucraina, intesa come “arma” contro il regime sovietico, ha avuto la sua prima manifestazione nel festival Červona ruta. Ma come mezzo d’identificazione e rivalutazione del proprio passato svolge un ruolo essenziale anche nella musica ucraina contemporanea.

Lo dimostrano il successo della cantante Ruslana e della sua _Wild dances _all’Eurovision 2004, la popolarità del gruppo femminile elettrofolk Onuka, la band etnofolk DakhaBrakha o il progetto tra musica e teatro delle Dakh Daughters. La simbiosi tra musica elettronica ed elementi del folklore assume nuove forme e significati nel lavoro dell’artista di Kiev YUVI, che unisce ambient, tecno e fol­klore. I testi che riprendono lo spirito delle canzoni popolari e la stratificazione della voce su uno sfondo dark techno creano un sound quasi mistico.

Tuttavia la ricerca delle radici culturali non è l’unico modo in cui si presenta la riflessione sulla lunga oppressione russa. Il rapper di Leopoli Stepan Burban, alias Palindrom, nell’ultimo anno e mezzo ha pubblicato due album significativamente influenzati dalla guerra. La nostalgia è un doloroso ricordare una casa che non esiste più, o che forse non è mai esistita. Le immagini del passato sembrano riferimenti a un potenziale mai espresso.

Insieme alla musica e al suo significato è cambiata anche l’attività stessa dei musicisti ucraini. Dopo l’inizio dell’invasione è diventato quasi impossibile organizzare concerti, festival o feste. Diversi locali si sono trasformati in centri di assistenza. Però i musicisti hanno cominciato ad adattarsi e con i guadagni dei loro concerti o delle vendite hanno partecipato a raccolte di fondi per l’equipaggiamento dei soldati ucraini. Molti hanno addirittura deciso di arruolarsi.

Neppure la musica può astenersi dalla politica e l’acquisto di un biglietto per un concerto diventa più importante di quello che sembra. ◆ ab

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Questo articolo è uscito sul numero 1546 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati