Negli ultimi giorni il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e i suoi alleati della Nato hanno cambiato tattica: sono passati dagli aiuti all’Ucraina contro l’aggressione russa a una manovra per indebolire il potere e l’influenza di Mosca. Alcuni osservatori temono che la linea seguita dall’occidente costringa Vladimir Putin a scegliere tra la resa e l’escalation militare, aumentando il rischio di un’espansione della guerra al di là dei confini ucraini.

Il 28 aprile Biden ha chiesto al congresso di stanziare 33 miliardi di dollari per l’Ucraina (di cui venti per il sostegno militare), una cifra che è più del doppio di quella precedente. Il presidente statunitense ha detto di voler inviare un messaggio chiaro a Putin: “Non avrai il controllo dell’Ucraina”. E dalla Casa Bianca ha precisato che la nuova politica si propone di “punire l’aggressione russa e ridurre il rischio di conflitti futuri”.

Il 25 aprile il segretario alla difesa Lloyd Austin ha rilasciato una dichiarazione altrettanto perentoria: dopo un incontro a Kiev con il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj, Austin ha precisato che l’obiettivo degli Stati Uniti è limitare il potere della Russia sul lungo periodo, in modo che non possa “replicare” l’aggressione militare contro l’Ucraina. “Vogliamo vedere la Russia indebolita e incapace di condurre il tipo di azione che ha lanciato contro l’Ucraina”, ha detto dalla Polonia.

La svolta degli Stati Uniti potrebbe essere il motivo per cui il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, ha accusato Wash­ington e l’occidente di portare avanti una guerra “per procura” contro la Russia, rischiando un conflitto mondiale che potrebbe essere nucleare. “Il pericolo è grave e concreto. Non dobbiamo sottovalutarlo”, ha detto il ministro. E Putin ha ribadito per l’ennesima volta dall’inizio dell’invasione lo scorso 24 febbraio di non escludere l’uso delle armi atomiche contro i paesi della Nato: “Abbiamo tutti gli strumenti per rispondere a una minaccia diretta alla Russia, nessun altro li ha. E li useremo, se sarà necessario”.

Due possibilità

La nuova strategia degli Stati Uniti è stata elogiata da diversi alleati, convinti che le minacce nucleari della Russia siano solo degli espedienti retorici.

“È l’unico modo di procedere”, ha dichiarato l’ex segretario generale della Nato, il danese Anders Fogh Rasmussen. “Per Putin non fa alcuna differenza, perché direbbe comunque che l’occidente vuole indebolire la Russia. Allora perché non parlare apertamente? In passato abbiamo sbagliato a sottovalutare le sue ambizioni e la sua brutalità. E abbiamo sopravvalutato la forza dell’esercito russo”. Il nuovo atteggiamento degli Stati Uniti e della Nato nasce in parte dai successi ottenuti sul campo dall’esercito ucraino, che hanno costretto Putin a ridimensionare il suo attacco solo all’area orientale e meridionale del paese. Gli alleati della Nato – compresa la Germania, che finora aveva vacillato davanti alla prospettiva di mandare armi pesanti in Ucraina – hanno aumentato il loro coinvolgimento. E alla fine di aprile il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato che Berlino fornirà cinquanta carri armati antiaerei all’Ucraina. Tuttavia altri esperti di questioni russe sono preoccupati che gli Stati Uniti e gli alleati occidentali stiano oltrepassando i limiti che finora si erano preoccupati di rispettare. Nelle prime settimane di conflitto Biden si era rifiutato di autorizzare qualsiasi aiuto militare con armi offensive o di istituire una no-fly zone. Ora, invece, la paura di alcuni è che, con gli aiuti aggiuntivi a Kiev e l’inasprimento delle sanzioni economiche, Washington stia forzando la mano e mettendo Putin nella posizione di poter scegliere solo tra la resa e continuare la guerra. Per il presidente russo arrendersi significherebbe rinunciare alla missione di rafforzare la Russia rispetto all’occidente. E Putin, da tempo convinto che l’obiettivo dell’occidente sia indebolire o contenere la Russia, non è certo il tipo di persona incline alla resa, come dimostra l’aggressività degli ultimi quindici anni verso i paesi vicini, in particolare Georgia e Ucraina.

“Agli occhi del Cremlino l’occidente è pronto a conquistare la Russia. Prima era un obiettivo nascosto, ora è dichiarato”, sottolinea Sean Monaghan, esperto di questioni europee del centro di studi strategici e internazionali di Washington. “Se aggiungiamo le dichiarazioni di Biden al vertice di marzo in Polonia – ‘Putin non può restare al potere’ – il risultato è il passaggio da una guerra territoriale a un conflitto più vasto. Questo potrebbe rendere più difficile o addirittura impossibile un negoziato per mettere fine alla guerra in Ucraina” (dopo le sue parole in Polonia i funzionari dell’amministrazione si erano affrettati a spiegare che Biden non voleva un cambio di regime in Russia).

Per George Beebe, ex capo degli analisti della Cia che si occupano di Russia, la Casa Bianca sembra dimenticare che “il primo interesse nazionale degli Stati Uniti è evitare una guerra nucleare con la Russia”, aggiungendo che “i russi hanno la certezza di poter fare in modo che, in caso di una loro sconfitta, perdano anche tutti gli altri. Forse stiamo andando verso questo scenario e sarebbe una strada molto pericolosa”.

È preoccupante che oggi non sembri più esserci la possibilità di una soluzione diplomatica alla guerra, anche se Putin ha fatto presente al segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, in visita a Mosca, che la Russia spera in una trattativa. “Una cosa è cercare d’indebolire Putin, un’altra è dire apertamente che questo è lo scopo. Dobbiamo fare in modo che il leader russo accetti una soluzione politica. Quindi rilasciare dichiarazioni come quella al vertice in Polonia non è saggio”, sottolinea un importante diplomatico europeo che ha chiesto di restare anonimo.

Da sapere
La situazione sul terreno
fonte: the new york times, financial times

“La situazione sta diventando sempre più insidiosa”, spiega Charles Kupchan, ex funzionario degli Stati Uniti ed esperto di relazioni internazionali per la Georgetown university. “Dobbiamo cominciare a parlare di una soluzione politica”. O, come dice Beebe, “bisogna trovare il modo di far capire ai russi che siamo disposti ad allentare le sanzioni nel contesto di un accordo internazionale. Gli aiuti militari all’Ucraina potrebbero anche essere usati come leva”. Tuttavia un negoziato simile è improbabile ora ed entrambi i fronti sembrano pronti a condurre una lunga battaglia. Dopo aver incontrato Putin e Lavrov, Guterres ha ammesso che un cessate il fuoco imminente non è una possibilità concreta e che la guerra “non finirà con gli incontri diplomatici”.

Minaccia nucleare

Solo un mese fa Zelenskyj valutava l’idea di un’Ucraina neutrale al di fuori della Nato e ipotizzava un riconoscimento delle forze separatiste in Ucraina orientale, ma di recente ha spiegato al presidente del Consiglio europeo Charles Michel che alla luce delle atrocità russe l’opinione pubblica ucraina non lo avrebbe accettato.

Nel frattempo la Finlandia e la Svezia hanno detto di essere interessate a entrare nella Nato, abbandonando la loro lunga politica di non allineamento e creando potenzialmente una nuova polveriera al confine settentrionale della Russia. Per Putin sarebbe un colpo terribile. In diverse occasioni il presidente russo ha indicato l’allargamento della Nato a est come casus belli per l’invasione su larga scala dell’Ucraina.

L’ipotesi che queste tensioni si riducano in tempi brevi è poco realistica. Alla fine di aprile Austin ha convocato un gruppo di contatto per l’Ucraina composto da quaranta paesi che si stanno preparando per quello che il capo dello stato maggiore congiunto Mark Milley ritiene un “probabile conflitto prolungato”. Biden non ha chiarito quale potrebbe essere la risposta degli Stati Uniti se Putin schierasse armi nucleari tattiche o strategiche. Inoltre, dalla fine della guerra fredda nessuna delle parti ha stabilito regole chiare sull’uso delle armi nucleari, soprattutto perché gli accordi presi prima (come il trattato sulle forze nucleari a medio raggio) nel frattempo sono stati accantonati e i sistemi di trasporto delle testate nucleari sono diventati più rapidi e automatizzati. Seguendo la politica nota come “escalation per la de-escalation” – minacciare una guerra nucleare se l’occidente cerca di fermare Mosca – Putin ha reintrodotto le armi atomiche nei suoi calcoli sulla guerra convenzionale. Nei suoi vent’anni al potere, il presidente russo ha autorizzato la costruzione di missili nucleari, siluri nucleari transoceanici, missili ipersonici e armi nucleari a bassa intensità sul continente europeo.

Tuttavia finora Putin non era mai arrivato così vicino alla minaccia di usare questi strumenti né ha mai chiarito in che modo potrebbe impiegarli. Prima del conflitto ucraino gli strateghi degli Stati Uniti non prendevano sul serio la sua minaccia nucleare e molti credono ancora che come prima mossa Putin aumenterebbe gli attacchi informatici o con armi non nucleari. Vari esperti dubitano che il presidente russo otterrebbe grandi vantaggi dall’uso delle armi atomiche tattiche in Ucraina e lo giudicano abbastanza razionale da non prendere in considerazione il lancio di missili balistici nucleari intercontinentali contro gli Stati Uniti. Ma Putin ha chiarito che non può accettare un’Ucraina indipendente dal controllo russo, scrivendo in un saggio pubblicato a luglio del 2021 che uno sviluppo del genere sarebbe “paragonabile nelle sue conseguenze all’uso di armi di distruzione di massa contro di noi”.

Una ferita aperta

Robert Gallucci, ex negoziatore statunitense per le armi nucleari, sostiene che le minacce russe evidenziano un cambiamento tattico e dovrebbero “essere prese sul serio nel caso di un coinvolgimento degli Stati Uniti in un conflitto diretto con le forze russe all’interno o intorno all’Ucraina, ovvero sul confine o oltre il confine russo”.

Secondo Beebe, in questo caso l’esito sarebbe con ogni probabilità uno stallo estremamente precario, più pericoloso della condizione vissuta durante gran parte della guerra fredda. “Potremmo trovarci in una qualche forma di confronto instabile a lungo termine che dividerà l’Ucraina e l’Europa e in cui non ci saranno regole d’ingaggio. Non una nuova guerra fredda, ma una ferita aperta e infetta sul territorio europeo”.

La situazione potrebbe diventare più precaria se l’occidente e la Nato decidessero di allargare il loro raggio d’azione oltre l’Europa, l’Asia centrale e il Medio Oriente intervenendo nell’Indo-Pacifico, come ha suggerito la ministra degli esteri britannica Liz Truss in un discorso ad aprile.

Truss ha dichiarato che “la Nato deve avere una visione globale ed essere pronta ad affrontare le minacce in tutto il mondo. Dobbiamo prevenire le minacce nell’Indo-Pacifico lavorando con i nostri alleati come Giappone e Australia per garantire che il Pacifico sia protetto. Inoltre bisogna assicurarsi che le democrazie come Taiwan possano difendersi da sole”.

Posizioni del genere consolidano la prospettiva di una guerra fredda globale e prolungata non solo contro la Russia ma anche contro la Cina.

Secondo Beebe uno scenario simile potrebbe rivelarsi molto problematico, con gli Stati Uniti e i loro alleati alle prese con un’alleanza “tra una Russia ricca di risorse e una Cina tecnologicamente ed economicamente potente”.◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1459 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati