Sono passati più di due mesi da quando Vladimir Putin ha inviato le sue truppe all’assalto dell’Ucraina, un paese sovrano, e già la guerra si nutre della sua stessa dinamica. L’annuncio del presidente statunitense Joe Biden, il 28 aprile, di un aiuto militare da venti miliardi di dollari (18,9 miliardi di euro) ne è la prova. Il livello dello scontro è salito in modo incredibile, dopo una prima risposta incentrata sulle sanzioni contro la Russia, che però mostrano i loro limiti.

Il 24 febbraio, dopo che tutti si aspettavano un rapida sconfitta delle forze ucraine, il mondo è rimasto sorpreso dalla loro resistenza e dai fallimenti del loro nemico, superiore per numeri ed equipaggiamento. Il fiasco dell’offensiva su Kiev, seguito da una pietosa ritirata nel Donbass, ha poi rivelato l’entità degli abusi di un esercito russo che considera normali i crimini di guerra.

La prospettiva di una stabilizzazione del conflitto, di un cessate il fuoco o addirittura di un armistizio è diventata illusoria. Da parte ucraina, visto il prezzo esorbitante già pagato dai militari e dai civili, non è più tempo di concessioni per evitare il peggio, è tempo di una vittoria che qualche settimana fa era impensabile e che può essere raggiunta solo con le armi pesanti fornite dall’occidente.

Le umilianti battute d’arresto subite da Mosca, come l’affondamento dell’incrociatore Moskva nel mar Nero, impediscono a Putin di rivedere al ribasso i suoi obiettivi. Nessuna vittoria, seppur significativa, gli permette di concludere quella che lui definisce un’operazione speciale. Al contrario, le sconfitte rendono sempre più isterico il dibattito pubblico russo, con il rischio di favorire un’escalation ancora più incontrollabile.

Il sostegno dei paesi occidentali all’Ucraina è finito in questa spirale. Il caso della Germania lo dimostra in modo evidente. Alla fine di gennaio Berlino si era limitata a inviare cinquemila elmetti, suscitando il sarcasmo degli ucraini. Il 26 aprile ha accettato di fornire i carri armati antiaerei Gepard. Due giorni dopo il parlamento tedesco ha autorizzato la consegna di armi pesanti, in accordo con gli altri paesi occidentali.

La parte giusta della storia

Washington ha contributo alla svolta sulla fornitura delle armi, chieste da un paese che si stava difendendo. Inizialmente l’ipotesi di consegnare armi all’Ucraina era stata scartata per evitare la trappola della cobelligeranza. Gli Stati Uniti, che da un decennio tentano di ridurre il loro impegno in Europa per concentrarsi sulla rivalità con la Cina, hanno fatto marcia indietro sostenendo con decisione Kiev, convinti di essere finalmente dalla parte giusta della storia dopo una serie di fallimenti in Afghanistan e Iraq. Ma i paesi occidentali, nonostante la solidarietà all’Ucraina, non parlano sempre con una voce unica. Mentre gli Stati Uniti non usano molte sfumature nei discorsi che fanno e negli obiettivi che fissano, compreso quello della “Russia indebolita” dichiarato dal segretario alla difesa Lloyd Austin, gli europei sono più cauti.

Le tensioni sul gas, le esplosioni nella regione separatista della Transnistria in Moldavia, e l’allargamento del conflitto preoccupano l’Europa. Tanto più che la diplomazia, come dimostra il bombardamento su Kiev del 28 aprile, durante la visita del segretario generale delle Nazioni Unite, per ora si riduce al prolungamento della guerra con altri mezzi. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1459 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati