Quando si parla delle diete più sane, ce n’è una che sembra unire l’utile al dilettevole. Per decenni ci è stato detto che il segreto per stare bene è gustarsi i deliziosi cibi freschi del Mediterraneo. Aggiungere più pomodori, focacce e olio d’oliva al piatto della cena, e annaffiarlo con un bicchiere di chianti, è considerato un ottimo modo per ridurre la probabilità di avere un infarto o sviluppare il diabete di tipo 2.

La cosa più sorprendente è che non sono esagerazioni. Da più di cinquant’anni si moltiplicano le prove che la dieta mediterranea può davvero migliorare la salute. “Abbiamo studi clinici a lungo termine e di grandi dimensioni con risultati concreti”, afferma Miguel Martínez-González dell’università di Navarra a Pamplona, in Spagna. E non sono molte le diete che possono vantare la tutela dell’Unesco. Una decina d’anni fa, l’organizzazione ha infatti aggiunto la dieta mediterranea alla sua lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità.

Ma nonostante tutte queste lodi, non è stato facile capire cosa sia all’origine di questi benefici. Per cominciare, i nutrizionisti non riescono a mettersi d’accordo sulla forma esatta che dovrebbe assumere. E poi bisogna considerare fattori come il mangiare in famiglia, cucinare a casa e altri elementi non attinenti alla dieta.

La buona notizia è che negli ultimi anni abbiamo cominciato a capire quali componenti della dieta offrono i maggiori benefici per la salute e perché.

Questo significa che oggi siamo in grado di offrire consigli migliori per mangiare bene, anche a chi non vive nella splendida campagna dell’Europa meridionale.La dieta mediterranea deve la sua fama al fisiologo statunitense Ancel Keys e a sua moglie Margaret Haney, chimica e nutrizionista. Negli anni quaranta Keys fu uno dei primi a sostenere che i grassi saturi – presenti soprattutto nei prodotti di origine animale come carne e latticini – sono una delle principali cause di malattie cardiache perché portano all’accumulo di colesterolo nel sangue. I grassi insaturi, più comuni nei vegetali e nel pesce, sono un’alternativa più sana.

Sulla base di questa ipotesi, la coppia girò il mondo per studiare le diete seguite in diverse regioni. Il risultato fu il Seven countries study, avviato nel 1956, che confrontò dieta e salute in alcune parti degli Stati Uniti, in Giappone, in Finlandia, nei Paesi Bassi, in Italia, in Grecia e in Jugoslavia. La ricerca produsse ulteriori prove del legame tra il consumo di grassi insaturi e un minor rischio di malattie cardiache, poi confermato da altri studi.

Villagrande Strisaili, Sardegna (Claudine Doury, Vu/Karma press)

Fin qui niente di sorprendente. Ma durante il loro lavoro, Ancel e Margaret notarono qualcos’altro. In una delle aree che avevano studiato, l’Italia meridionale, viveva un numero stranamente alto di centenari. La coppia si convinse che la dieta locale, ricca di grassi insaturi, fosse la chiave di questa longevità, e cominciò a pubblicizzarla. In seguito i due si trasferirono nel sud Italia per sfruttarne i benefici. Il fatto che entrambi siano vissuti a lungo (Ancel è morto a cent’anni, Margaret a 97), sembrò confermare la loro ipotesi. Così la dieta mediterranea è diventata sempre più popolare.

Ricette diverse

Ma con il passare del tempo era nata una certa confusione su cosa comprendesse esattamente. Una cosa però è chiara: non prevede grandi quantità dei cibi più golosi di Italia, Grecia e Turchia, come lasagne, moussaka e kebab. In realtà in questi paesi molte persone non seguono la versione della dieta che è stata collegata ai benefici per la salute.

Una delle definizioni più usate di cosa dovrebbe comprendere è il Punteggio della dieta mediterranea (Mds), proposto negli anni novanta da Antonia Trichopoulou. Una sua versione aggiornata è stata pubblicata nel 2003. Secondo l’Mds una dieta veramente mediterranea contiene molte verdure, legumi, frutta e noci, cereali e una quantità moderatamente elevata di pesce. Prevede poca carne, pollame e latticini e, cosa forse sorprendente, una moderata quantità di alcol, in particolare il vino rosso. “Questa è la definizione più usata”, afferma Martínez-González. Tuttavia, nel 2011 lui e il suo team hanno sviluppato un’alternativa chiamata Aderenza alla dieta mediterranea, che prende in considerazione anche l’uso dell’olio d’oliva in cucina (consigliato) e il consumo di bevande gassate o zuccherate (sconsigliato).

Negli anni si sono accumulate altre modifiche alla definizione standard. “Oggi i latticini sono considerati ininfluenti”, afferma Richard Hoffman dell’università dell’Hertfordshire, nel Regno Unito, mentre la quantità di alcol raccomandata è diminuita. Ma a causa di questi continui aggiustamenti “non esiste un consenso ufficiale” sull’esatto profilo della dieta, dice Martínez-González.

I benefici di una dieta più sana farebbero abbassare i costi per la sanità pubblica

Nonostante l’elenco preciso sia oggetto di dibattito, una serie di studi su larga scala e a lungo termine ha ampiamente convalidato l’intuizione di Ancel e Margaret. “La conferma principale riguarda le malattie cardiovascolari”, afferma Hoffman. “La dieta mediterranea è generalmente considerata la migliore per prevenire un infarto o un ictus”. Nel 2022 uno studio chiamato Cordioprev ha suggerito che seguire la dieta mediterranea invece di una generica a basso contenuto di grassi porta a una riduzione statisticamente significativa delle possibilità di un secondo evento cardiovascolare nelle persone che ne hanno già avuto uno.

È anche dimostrato che la dieta mediterranea può ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, come ha riscontrato un’analisi di 22 studi su questo problema, realizzata nel 2020 dall’organizzazione britannica Cochrane. Una panoramica completa pubblicata l’anno successivo da due ricercatori dell’università di Harvard ha individuato “solide prove” del fatto che protegge la salute cardiovascolare. Secondo alcuni ricercatori le sue proprietà spiegano perché il tasso di mortalità per malattie cardiovascolari in Italia è molto al di sotto della media globale: le persone che seguono la dieta mediterranea sono abbastanza numerose da influire in modo sostanziale sulle statistiche.

I benefici sembrano non riguardare solo la salute cardiovascolare. Secondo un’analisi del 2020 le persone che seguono questa dieta hanno il 20 per cento in meno di probabilità di sviluppare il diabete di tipo 2. È stato inoltre ipotizzato che la dieta mediterranea riduca il rischio di alcune forme di cancro, come quelli del seno e della vescica (ma sono necessarie ulteriori prove per confermarlo).

Alcuni di questi presunti benefici potrebbero essere smentiti da studi più rigorosi, ma Martínez-González è convinto che vale comunque la pena seguire questo regime alimentare. “Nessuno studio che io conosca ha dimostrato che è dannoso”, dice.

Frutta e prodotti dell’orto a Pioppi, in Campania (Gianni Cipriano, The New York Times/Contrasto)

Il reddito conta

Sembra però che la dieta mediterranea non funzioni per tutti. Una delle più grandi ricerche sull’argomento è lo studio Moli-sani, che ha seguito più di ventimila persone residenti in Molise tra il 2005 e il 2010. In un aggiornamento del 2018, i ricercatori guidati da Marialaura Bonaccio dell’istituto neurologico Irccs Neuromed hanno trovato quella che all’inizio sembrava solo una conferma di un fatto già noto. Sulla base di 4,3 anni di dati: le persone che seguivano la dieta mediterranea avevano meno probabilità di avere problemi di salute cardiovascolare. Tuttava c’era una sorpresa: i benefici sono stati osservati solo nelle persone con istruzione e reddito più elevati. “Negli altri gruppi sociali questa protezione non è stata riscontrata”, dice Bonaccio.

Perché le persone con redditi familiari più bassi o un livello d’istruzione inferiore non dovrebbero avere gli stessi benefici? Una possibilità è che i dettagli contino, dice Bonaccio. “Per esempio, chiediamo ai partecipanti quanta frutta mangiano al giorno”, spiega. Ma gli studi non si interrogano sul tipo di frutta né su come è stata coltivata e preparata. La qualità del cibo può influire, e questo spiegherebbe i dati: le persone provenienti da famiglie a basso reddito potrebbero non avere altra scelta che comprare cibi surgelati o conservati, più economici ma meno nutrienti di quelli freschi. Per confermarlo servirebbero studi più precisi.

Di conseguenza i ricercatori si stanno concentrando sull’importanza di alcuni fattori specifici. Un ingrediente in particolare sembra avere un ruolo fondamentale: l’olio extravergine di oliva. “La dieta mediterranea è quella dei paesi dove si coltiva l’olivo”, dice Bonaccio. L’olio d’oliva è ottenuto spremendo i frutti freschi, spiega Hoffman. Questo lo distingue da altri oli ricavati dai semi, estratti usando sostanze chimiche e ad alte temperature. L’olio extravergine di oliva, che tende ad avere un colore più scuro, è estratto a freddo in modo da non alterare le sue proprietà.

“La dieta mediterranea è molto più efficace se include l’olio extravergine di oliva”, afferma Hoffman. Uno studio del giugno 2023 ha rilevato che il consumo di olio extravergine è associato a una pressione sanguigna più bassa, a livelli più elevati di colesterolo “buono” e a livelli più bassi di colesterolo “cattivo”.

L’olio è ricco dei grassi insaturi di cui parlavano Margaret e Ancel Keys. Ma diversi studi hanno dimostrato che i suoi benefici dipendono in parte da altri componenti che si perdono se viene raffinato, come i polifenoli. Da uno studio del febbraio 2023 è emerso che i polifenoli modificano il microbioma intestinale dei topi in modo tale da abbassare la pressione arteriosa rispetto a quelli alimentati con una dieta standard o arricchita con burro e olio d’oliva raffinato.

Villagrande Strisaili, Sardegna (Claudine Doury, Vu/Karma press)

Anche la genetica personale può svolgere un ruolo importante. È stato dimostrato che alcuni nutrienti dell’olio d’oliva e di altri componenti della dieta mediterranea possono influire sull’attività dei geni legati, per esempio, all’infiammazione. A mano a mano che impariamo di più sul legame tra nutrizione e genetica, si potrebbe arrivare a consigliare versioni personalizzate della dieta.

Allora cosa bisogna fare per trarre beneficio dalla dieta mediterranea? Alcuni ricercatori pensano che non sia adatta a tutti, e non sono sicuri che possa funzionare al di fuori dei paesi mediterranei. Secondo Bonaccio ora sappiamo che ogni regione del mondo ha caratteristiche uniche, come il clima e i microbi, che influiscono sulla dieta ottimale. “Ogni paese dovrebbe scoprire la sua dieta”, dice.

Altri sono più ottimisti sul fatto che la dieta mediterranea possa essere seguita nel resto del mondo, e sostengono che è più importante replicare le sue caratteristiche generali piuttosto che le sue peculiarità.

Ma alcuni componenti come l’olio extravergine d’oliva sembrano irrinunciabili, sottolinea Hoffman, anche se incoraggiare le persone a comprare questo ingrediente chiave è difficile dato che il suo costo sta salendo. Secondo Martínez-González bisognerebbe introdurre tasse sui cibi ultraprocessati come le bibite gassate e i fast food, e usare il ricavato per sovvenzionare l’acquisto di alimenti più sani. I benefici per la salute pubblica di una dieta più sana abbasserebbero i costi delle cure mediche. “A conti fatti i governi risparmierebbero”, dice.

Ma non basta potersi permettere di comprare alimenti di alta qualità, perché c’è una componente di questa dieta che non si trova sugli scaffali dei supermercati. È possibile che alcuni dei suoi benefici non siano dovuti al mangiare, bensì allo stile di vita.

Bonaccio sottolinea che gli abitanti dei paesini studiati da Ancel e Margaret Keys – e più tardi da Trichopoulou – non solo seguivano una dieta specifica, “avevano anche un modo specifico di vivere”. Per esempio, abitavano in campagna e facevano un lavoro fisico all’aria aperta.

Inoltre può essere significativo il fatto che cucinavano da sè i pasti e mangiavano spesso insieme, il che secondo alcune ricerche aumenta la felicità e la soddisfazione, entrambe legate a una salute migliore. “Non si può seguire la dieta mediterranea senza cucinare”, conclude Bonaccio. ◆ bt

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Questo articolo è uscito sul numero 1549 di Internazionale, a pagina 60. Compra questo numero | Abbonati