La tormenta che ha investito la città di Buffalo durante il periodo natalizio è stata epocale: sulla città sono caduti centotrenta centimetri di neve. Molti hanno sottolineato che gli afroamericani sono stati colpiti dagli effetti della bufera di neve molto più dei bianchi. Lo dimostra il numero sproporzionato di vittime, ma anche il fatto che i quartieri abitati in maggioranza dai neri erano meno preparati a gestire l’impatto di un fenomeno meteorologico estremo. Dopo la tormenta, infatti, le strade delle aree popolate soprattutto dai bianchi sono state liberate dalla neve più rapidamente delle altre.

Non è una dinamica nuova. In molte città degli Stati Uniti i meccanismi creati all’epoca della segregazione continuano a condizionare le infrastrutture ed emergono in modo evidente nei momenti di crisi. Buffalo è solo il caso più recente. Le città della regione dei Grandi Laghi, come Detroit, Chicago, Cleveland e Milwaukee, sono tra quelle dove la segregazione è più forte. E i centri abitati che si trovano ai margini di queste metropoli soffrono dello stesso problema: St. Louis, Indianapolis, Cincinnati, Minneapolis e Buffalo.

Le radici di questo fenomeno risalgono al periodo in cui i neri del sud si spostarono nelle città del nord, all’inizio del novecento, per scappare dalla segregazione e trovare posti di lavoro nel settore manifatturiero. Nel corso dei decenni i leader bianchi introdussero politiche pensate per impedire ai neri di comprare o prendere in affitto case in determinate zone, creando una nuova segregazione tra bianchi e neri. La rust belt, la regione che comprende una parte dei Grandi Laghi ed era il centro dell’industria pesante americana, non è l’unica area degli Stati Uniti in cui esistono quartieri segregati. Le crisi hanno fatto emergere disuguaglianze simili anche nel sud e nell’ovest del paese, per esempio dopo l’uragano Harvey a Houston, in Texas, e durante la crisi idrica a Jackson, in Mississippi. Il razzismo radicato nella pianificazione urbanistica non può essere cancellato da un giorno all’altro, ma un primo passo è riconoscerne gli effetti e le conseguenze politiche.

Prendiamo quello che è successo a Chicago nel gennaio del 1979, quando più di un metro di neve cadde sulla città. La neve si ghiacciò, bloccando il sistema di trasporti pubblici. Tra le linee più colpite c’erano quelle che collegavano le comunità nere con il centro della città. Alla fine di febbraio i neri espressero la loro rabbia alle urne, impedendo a Michael Bilandic di essere confermato sindaco. Lì cominciò forse il movimento che nel 1983 portò all’elezione di Harold Washington, il primo sindaco nero di Chicago. Naturalmente le disuguaglianze tra i quartieri neri e bianchi non si risolvono solo eleggendo leader neri. Buffalo ha un sindaco afroamericano dal 2006, Byron Brown. Per eliminare il razzismo strutturale bisogna ammettere i danni che provoca e avviare un ampio cambiamento nella pianificazione urbanistica. ◆ as

Da sapere
Il grande freddo

◆ Alla fine di dicembre un’ondata di freddo e tempeste di neve ha colpito buona parte degli Stati Uniti, causando almeno 61 morti e lasciando più di un milione e mezzo di persone senza elettricità. In alcune zone le temperature sono arrivate a 40 gradi sotto zero. Sono state registrate temperature molto fredde anche in stati del sud, come la Florida, ma la regione più colpita è stata il nordest, in particolare la zona di Buffalo, nello stato di New York. Il freddo ha causato seri danni al traffico aereo, con almeno cinquemila voli cancellati. I problemi hanno riguardato soprattutto la Southwest Airlines, un’importante compagnia low cost che si occupa prevalentemente di voli interni. Reuters, The New York Times


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Questo articolo è uscito sul numero 1493 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati