Il 21 febbraio Genaro García Luna, l’uomo che aveva diretto le attività antidroga del Messico durante il governo del presidente Felipe Calderón, è stato condannato per aver collaborato con il cartello di Sinaloa. Dopo un processo durato un mese, la giuria ha dichiarato l’ex ministro della sicurezza messicano colpevole di tutti e cinque i capi d’accusa che pendevano su di lui. Tra questi ci sono la complicità in un’organizzazione criminale, nella distribuzione internazionale di cocaina e in un’associazione a delinquere legata al traffico di droga. García Luna rischia una pena tra i vent’anni di carcere e l’ergastolo. La condanna sarà annunciata il 27 giugno.

La vice procuratrice degli Stati Uniti, Saritha Komatireddy, ha affermato che García Luna è stato “un politico intelligente, ambizioso, potente e arrivista”, che ha accettato milioni di dollari “dalle persone che avrebbe dovuto arrestare”. Intascava le tangenti “in valigette, borsoni e scatole piene di contanti”, ha aggiunto. Inoltre ha consegnato cocaina per conto dell’organizzazione criminale, ha fatto delle soffiate per anticipare le azioni delle forze dell’ordine e ha contribuito ad arrestare e uccidere criminali di cartelli rivali.

Strategia fallimentare

García Luna era un referente dei funzionari pubblici statunitensi che avevano a che fare con il Messico per contrastare il traffico di stupefacenti. Ha diretto l’agenzia federale d’investigazione dal 2001 al 2005 ed è stato ministro della sicurezza pubblica dal 2006 al 2012. Durante il processo l’accusa ha chiamato a testimoniare 25 persone, tra cui alcuni boss di alto livello del cartello di Sinaloa. Nel 2019 il capo dell’organizzazione, El Chapo Guzmán, è stato processato e condannato nello stesso tribunale. “I testimoni erano vicini ai vertici del cartello”, ha spiegato Komatireddy alla giuria. “Conoscevano i suoi legami con funzionari dello stato, compreso l’imputato”. Secondo César de Castro, l’avvocato difensore, García Luna “farà il possibile per riabilitare la sua reputazione”. L’impianto accusatorio si è basato interamente sulla testimonianza dei boss del cartello. “Non c’è conferma di quello che questi assassini, torturatori, truffatori e grandi trafficanti di droga hanno raccontato su García Luna”, ha detto nell’arringa finale. Secondo lui, i testimoni dell’accusa sono stati mossi dalla promessa di clemenza per le vicende legali che li riguardano e dalla possibilità di cominciare una nuova vita negli Stati Uniti.

L’ambasciatore statunitense in Messico Ken Salazar ha scritto su Twitter che il verdetto “dimostra come l’incessante ricerca della giustizia sia più forte dei tentativi delle organizzazioni criminali internazionali di strappare il buon governo alle persone che lo meritano”. La condanna arriva mentre una vasta quantità di territorio messicano è controllata da gruppi criminali in lotta tra loro per il potere. Gli omicidi sono più di trentamila all’anno dal 2019, quando è cominciato il mandato del presidente Andrés Manuel López Obrador. Dopo il verdetto, il portavoce di López Obrador ha definito García Luna un “ex scudiero” di Calderón.

Anche se il processo è stato in gran parte incentrato sui legami dell’ex ministro messicano con i narcotrafficanti, la storia recente dimostra che la strategia statunitense di lotta agli stupefacenti in Messico è stata fallimentare. Negli ultimi anni il cartello di Sinaloa ha prodotto e trafficato milioni di dosi di fentanyl ogni anno. López Obrador ha spesso criticato i tentativi di Washington di contenere il traffico di droga, e questa condanna getterà sicuramente qualche ombra sull’efficacia di quegli sforzi. Il presidente messicano ha dichiarato, in una recente conferenza stampa, che i legami tra García Luna e le autorità statunitensi sono la prova che le agenzie d’intelligence di Washington “hanno bisogno di una scossa, di una riforma”.

Prima di questo gli Stati Uniti avevano portato in tribunale anche l’ex ministro della difesa messicano Salvador Cienfuegos, arrestato nel 2020 a Los Angeles con l’accusa di corruzione e traffico di droga. Dopo le pressioni di López Obrador, Cienfuegos è stato rilasciato e riportato in Messico, dove oggi vive libero. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1501 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati