Negli anni trenta il primo ministro britannico Stanley Bald­win definì il Partito conservatore un’alleanza fra trono, chiesa e impero. Il fatto che oggi, nel Regno Unito moderno e pluralista, lo stesso partito abbia espresso il primo capo del governo di origini asiatiche e di fede induista è un segno della sua capacità di adattamento. La vittoria di Rishi Sunak nella corsa alla leadership dei tory è stata accolta con favore proprio perché simboleggia la diversità del paese, ma anche per il semplice fatto che Sunak era la scelta migliore tra quelle disponibili.

Sunak è stato l’unico candidato a ottenere l’appoggio esplicito di cento deputati conservatori. La transizione dal breve governo di Liz Truss (in carica dal 6 settembre al 25 ottobre 2022) è stata molto rapida: una fortuna per il partito e per il paese.

Ora il compito più urgente del nuovo primo ministro sarà guidare il Regno Unito attraverso una crisi alimentata dall’inflazione galoppante e dal peggioramento del tenore di vita, riordinando allo stesso tempo le finanze pubbliche. Sunak arriva a Downing street (la residenza del capo del governo britannico) forte della credibilità acquisita alla guida del ministero delle finanze, incarico che assunse poco prima dell’inizio del lockdown del 2020. Sunak decise allora di sostenere le imprese colpite da un colossale shock esterno ricorrendo a un aumento della spesa pubblica, per contenere i problemi legati alle forniture di beni e manodopera.

Una lacuna nel curriculum di Sunak è invece la mancanza di incarichi fuori dal settore economico. In una fase molto tesa per l’aggressione russa all’Ucraina, il nuovo primo ministro dovrà affidarsi a collaboratori esperti in materia di difesa e politica estera. Dovrebbe privilegiare la competenza anche in termini più generali. Negli ultimi governi conservatori i ministri sono stati sostituiti con una certa frequenza e spesso hanno dimostrato livelli molto diversi di competenza. Questo meccanismo deve cambiare. Il criterio per ricoprire un incarico di prestigio dev’essere la preparazione e non l’ortodossia ideologica o la fedeltà al leader.

Sunak ha conquistato il ruolo di premier al secondo tentativo, dopo essere stato sconfitto a settembre da Liz Truss. Stavolta ha avuto il buon senso di abbandonare l’autocompiacimento che aveva contraddistinto la sua campagna elettorale in estate (segnata dallo slogan un po’ troppo narcisistico Ready for Rishi, pronti per Rishi) e di non mostrarsi troppo felice per i disastri compiuti da Truss. Inoltre Sunak ha tratto beneficio dalla decisione del Comitato del 1922 (il gruppo dei rappresentanti tory alla camera dei comuni) di aumentare a cento il numero di dichiarazioni pubbliche di sostegno che un candidato deve ricevere dai deputati conservatori per partecipare alla lotta per la leadership del partito. Nessun altro candidato ha raccolto l’appoggio di cento parlamentari, così Sunak è diventato capo del partito e premier senza dover affrontare la votazione degli iscritti, com’era successo invece la scorsa estate con Liz Truss.

I due partiti principali del Regno Unito – conservatori e laburisti – seguono processi intricati e barocchi per eleggere i loro leader, cosa che spesso porta all’affermazione di figure non davvero rappresentative. Nell’interesse del paese, anche questo deve cambiare.

Scelte difficili

Dopo aver conquistato una solida maggioranza alle elezioni del 2019, i conservatori hanno progressivamente perso la fiducia degli elettori. Sunak avrà molto da dimostrare, ma almeno sembra aver capito bene la gravità della crisi, a differenza di Truss. Il punto debole dell’ex premier non sono state tanto le decisioni su taglio delle tasse e deregolamentazione, quanto la convinzione che queste misure non avrebbero comportato un’esplosione dell’inflazione e del rendimento dei titoli di stato. Gli investitori hanno subito ritenuto più rischiosi gli asset in sterline, provocando un’impennata dei tassi d’interesse su mutui e titoli.

Il percorso di Sunak sarà inevitabilmente complicato dall’agitazione dei mercati e dal caos all’interno del governo delle ultime settimane, nonché dal disprezzo mostrato dall’ex primo ministro Boris Johnson per le regole istituzionali. Tuttavia, se Sunak seguirà la strada di un conservatorismo libero dai dogmi e terrà presente il valore della collaborazione con le altre istituzioni del paese, invece di attaccarle, come hanno fatto i suoi predecessori, la crisi potrà essere gestita senza creare ulteriori danni. Il governo di Sunak dovrà inoltre dimostrare di aver capito che per guidare il Regno Unito servono princìpi morali e integrità, cose che Johnson aveva del tutto ignorato.

Sunak ha una grande responsabilità: dovrà tagliare la spesa pubblica senza intaccare i servizi sociali. Le scelte politicamente difficili e finanziariamente dolorose che dovrà prendere potrebbero ostacolare il tentativo dei conservatori di recuperare consensi dopo gli ultimi sondaggi che li vedono in difficoltà. Ma in nessun modo il suo partito potrà sottrarsi alla responsabilità di agire nell’interesse nazionale. Solo in questo modo riuscirà a recuperare la sua reputazione politica. ◆ as

L’opinione
Il modello è sempre Thatcher

◆ Per molti osservatori l’arrivo di Rishi Sunak alla guida del governo britannico, un evento politico poco trasparente e quasi post-democratico, è motivo di grande sollievo. Dopo la politica economica suicida di Liz Truss, il Regno Unito ha finalmente un leader “adulto”. La narrazione è chiara: Sunak è un premier imparziale e competente, che somministrerà al paese la cura rigorosa di cui ha bisogno. Quest’idea va respinta. Anche se dall’esterno sembra meno ideologico di Truss, Sunak non è affatto un centrista pragmatico. Al contrario, la sua nomina rappresenta una vittoria per l’ala thatcheriana del Partito conservatore. La lotta per la leadership tory della scorsa estate tra Sunak e Truss non è stata, come hanno creduto in molti, una vera battaglia tra ideologie diverse. Ai militanti conservatori sono semplicemente state offerte due varianti di neoliberismo: i tagli alle tasse in stile reaganiano di Truss e la disciplina fiscale di tipo thatcheriano di Sunak. Il fallimento del primo modello ha creato la situazione ideale per l’affermazione del secondo. Ma tra i due le similitudini sono molto più importanti delle differenze. A luglio Sunak aveva dichiarato: “Sono un candidato thatcheriano e governerò come un thatcheriano”. Il fatto che oggi sia considerato un centrista conferma solo il declino del conservatorismo britannico.

George Eaton, The New Statesman


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Questo articolo è uscito sul numero 1484 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati