Quasi ogni mattina affronto gli stessi dubbi: sveglio mia moglie con un bacio o la lascio dormire? Mi alzo o posticipo la sveglia? Tutto questo prima ancora di aver bevuto un caffè.

Le nostre giornate sono piene di piccole decisioni. Perdere tempo a riflettere su scelte di poco conto può sembrare assurdo, ma studi recenti dimostrano che è del tutto normale. Tuttavia, sono spesso situazioni che causano stress e si può imparare a gestirle meglio.

Erica Lazzeri

A volte a confonderci è la quantità di alternative, che rende difficile valutarle tutte. Gli economisti sostengono che sia meglio avere tante scelte, ma nel 2000 gli psicologi statunitensi Sheena Iyengar e Mark Lepper hanno messo in dubbio questa teoria. All’epoca allestirono un banco di marmellate in un supermercato, con la possibilità di assaggiarle, scoprendo che più la scelta era limitata più i clienti le compravano: con sei tipi di marmellate i clienti che acquistavano almeno un vasetto erano il 30 per cento, con ventiquattro solo il 3 per cento.

Anche lo psicologo statunitense Barry Schwartz, nel suo libro The paradox of choice: why more is less, sostiene che avere troppa scelta provochi ansia. Spesso non abbiamo le competenze per valutare tutte le alternative, per esempio in materia di decisioni finanziarie. Capita anche di avere un obiettivo preciso, ma di non sapere fino a che punto siamo disposti a spingerci, e anche questo genera confusione. Un obiettivo vago come “cercare di risparmiare” non aiuta molto quando un amico ci propone di andare a cena fuori e abbiamo una fame da lupi. Alcune decisioni che definiamo di poco conto hanno importanti ricadute emotive, per esempio decidere cosa indossare a un appuntamento galante. Se ogni piccola decisione causa stress, è evidente che questo risulterà amplificato quando le decisioni si moltiplicano.

Un altro settore di ricerca è il legame tra strategie decisionali e benessere. Le persone si distinguono in due gruppi: quelle che vogliono ottenere il massimo e quelle che si accontentano (satisficing, termine inventato dal premio Nobel per l’economia Herbert Simon). Le prime vanno avanti finché trovano la soluzione migliore, le seconde si fermano quando ne trovano una accettabile. Schwartz e colleghi hanno individuato una relazione inversa tra la tendenza a ottenere il massimo e il benessere. Le persone di questo gruppo, infatti, sono anche inclini a rimpiangere di più le loro decisioni, perché pensano che avrebbero potuto prenderne di migliori.

La costruzione di abitudini

A volte le scelte di tutti i giorni ci sembrano difficili a causa del cosiddetto affaticamento decisionale. Secondo lo psicologo statunitense William James (1842-1910), le abitudini ci aiutano perché eliminano il bisogno di pensare. Dedicare del tempo alla costruzione di abitudini ci risparmia la fatica di pensare a tutto ogni giorno. Le intuizioni di William James hanno ispirato molti ricercatori contemporanei. Nel suo libro Pensieri lenti e veloci, lo psicologo Daniel Kahneman dice che abbiamo due meccanismi di elaborazione delle informazioni, il sistema uno e il sistema due. Il primo è inconscio, intuitivo e richiede poco sforzo. Il secondo è un pensiero mirato.

Nel mio caso, decidere di svegliarmi ogni mattina alla stessa ora, dare un bacio a mia moglie e preparare il caffè potrebbe facilitarmi la vita.

Herbert Simon sviluppò il concetto di satisficing perché secondo lui gli esseri umani hanno limitate capacità cognitive, di memoria e di attenzione. Pensare troppo, per esempio, se oggi andremo o no in palestra può essere faticoso e stressante. Abbiamo risorse cognitive, emotive e fisiche limitate, ed è un peccato sprecare energie inutilmente.

Nel caso delle decisioni quotidiane, anche ridurre il numero di alternative può renderci la vita più facile. Dobbiamo tenere a mente che abbiamo “un’energia decisionale” limitata. Ridurre le opzioni, adottare sane abitudini e applicare il sistema uno ci aiuterà a vivere sereni. ◆ sdf

Yaniv Hanoch è professore di scienze delle decisioni all’università di Southampton, nel Regno Unito.

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Questo articolo è uscito sul numero 1511 di Internazionale, a pagina 107. Compra questo numero | Abbonati