29 marzo 2017 11:43

Non votano, non tengono comizi e si trovano a migliaia di chilometri dalle urne francesi. Eppure Donald Trump e Vladimir Putin sono diventati degli attori influenti della campagna presidenziale francese. Ognuno a modo suo, infatti, pesa su una campagna in cui, peraltro, i grandi temi di politica internazionale sono poco presenti.

Il presidente degli Stati Uniti e quello russo intrattengono rapporti precisi con la Francia e la sua classe politica e di conseguenza influenzano la campagna elettorale in modi diversi. Donald Trump è il capo ostile ed eccentrico di una potenza amica e in Francia i suoi ammiratori sono pochi. Vladimir Putin invece suscita sentimenti contrastanti: ammirato dagli uni come uomo forte e temuto dagli altri per lo stesso motivo.

La personalità francese che si trova al punto d’incontro tra questi due capi di stato è indubbiamente Marine Le Pen. La candidata dell’estrema destra ha suscitato grande sorpresa il 23 marzo quando è stata ricevuta da Putin al Cremlino, dove si è fatta fotografare insieme al presidente russo. Pur respingendo ogni accusa d’ingerenza nelle elezioni francesi, Putin ha chiaramente deciso di sostenere la candidata del Front national, senza dubbio un effetto collaterale dell’“affaire Fillon”, il suo altro “amico” francese.

A ciascuno le sue alleanze
La presidente del Front national ha beneficiato in passato del sostegno finanziario di una banca russa, oggi in bancarotta, e il 27 marzo ha smentito di aver richiesto un nuovo aiuto a Mosca. A quanto pare si accontenta della foto con Putin, che l’aiuta a rafforzare la sua credibilità di donna di stato, contraltare “ribelle” a quella di Emmanuel Macron, il politico di centrosinistra suo principale rivale nei sondaggi, che si è fatto ritrarre con Angela Merkel. A ciascuno le sue alleanze.

Il prezzo da pagare per questa sessione fotografica al Cremlino è stato un allineamento assoluto nei confronti delle posizioni del leader russo tanto sull’annessione della Crimea (che Le Pen approva, negando che ci sia stato un intervento militare russo e limitandosi a ricordare il referendum che si è svolto alla fine delle operazioni militari), quanto sulla sospensione delle sanzioni europee imposte a Mosca dopo la “presa” della Crimea.

Questo allineamento assoluto nei confronti delle posizioni di Mosca non pone, a quanto pare, alcun problema alla base elettorale di Marine Le Pen, soprattutto in un momento in cui Vladimir Putin appare come il dirigente che sta rimodellando l’ordine internazionale, dalla Siria ai confini europei. Chi la sostiene non sembra sensibile né alle paure dei vicini dell’ex impero sovietico revanscista, né alle immagini di repressione che, due giorni dopo il passaggio di Marine Le Pen, hanno segnato le manifestazioni dell’opposizione a Mosca.

Questa vicinanza è considerata ancora meno problematica a destra, in quanto condivisa da una parte dei Républicains. Il loro candidato François Fillon ha azzardato, durante il dibattito televisivo, un paragone tra la Crimea annessa da Mosca e il Kosovo separato dalla Serbia dalle forze della Nato, due operazioni che in realtà hanno una base legale molto diversa.

L’ascensore di Trump
L’impatto di Donald Trump è più indiretto. Il presidente degli Stati Uniti, eletto da soli due mesi, è poco avvezzo alle questioni politiche europee e non ha certo molto tempo da dedicare a una campagna elettorale francese che risulta assai strana ai suoi occhi.

In visita a New York all’inizio di gennaio, Marine Le Pen ha potuto accedere solamente all’ingresso della Trump Tower, dove sperava senza dubbio, come ha fatto Nigel Farage, leader della Brexit britannica, di posare a fianco del presidente eletto davanti all’ascensore dorato del grattacielo. Ma ha avuto meno risalto di quello che avrebbe trovato due mesi dopo a Mosca.

Tuttavia l’elezione dell’improbabile candidato repubblicano “antisistema” ha contribuito a rafforzare la credibilità di una possibile vittoria di Marine Le Pen, sia in nome di un possibile “effetto domino” sia alla luce di una più diffusa spinta populista, dopo la Brexit e le elezioni statunitensi, ma anche a causa dei punti di convergenza nei programmi (lotta all’immigrazione e all’islam, protezionismo).

Il presidente degli Stati Uniti, inoltre, è euroscettico come la candidata del Front national, una posizione che rafforza la crociata lepenista contro l’Unione europea.

L’ombra di questi due ingombranti ‘padrini’ sulla campagna francese provoca reazioni tra gli avversari di Le Pen

Resta da capire se, al di là di questa legittimazione politica indiretta, le reti d’estrema destra statunitensi, che si fanno forti della vittoria di Trump, sosterranno attivamente la campagna del Front national.

Breitbart News, il sito della alt-right un tempo guidato dal consigliere speciale della Casa Bianca Stephen Bannon (il Rasputin di Trump, come lo chiama il giornalista del New York Times Thomas Friedman) aveva annunciato la sua intenzione di lanciare un’edizione in francese. Ma il progetto non vedrà la luce prima delle elezioni francesi.

L’ombra di questi due ingombranti “padrini” sulla campagna francese provoca delle reazioni. Jean-Luc Mélenchon, il candidato della sinistra radicale, per esempio, ha ritenuto utile, il 26 marzo, condannare l’incontro tra Marine Le Pen e Vladimir Putin, nonostante lui stesso abbia avuto in passato un atteggiamento compiacente nei confronti della Russia.

“Marine Le Pen ha fatto due errori”, ha detto Mélenchon durante un suo comizio a Rennes. “Il primo è di andare a incontrare Vladimir Putin in piena campagna elettorale. Spero che adesso le cose siano chiare a quanti mi hanno costantemente accusato d’intrattenere dei rapporti di non so quale tipo con Putin solo perché, fin dall’inizio, dico che occorre rendere i russi dei partner, qualunque sia la situazione. Non ho alcun rapporto d’amicizia con quest’uomo, né relazioni né punti di contatto tali da spingermi, in piena campagna elettorale, ad andare a cercare presso di lui una stretta di mani che getta discredito su chi la chiede, a causa del contesto nel quale ci troviamo”. Poi ha aggiunto: “Le Pen ha fatto un terribile errore. I dirigenti russi non sono più sentimentali di me in materia di relazioni internazionali, credono solo a quel che esiste, credono solo a quel che è forte, vedono innanzitutto il loro interesse, e non gliene faccio una colpa. Credo che abbiamo degli interessi in comune. A noi francesi interessa prima di tutto la pace nel continente. Non andremo mai a fare la guerra per una imprecisata ragione esterna ai nostri interessi (…). Il secondo errore è essere andata a discutere con quell’antisemita omofobo [Vitaly Milonov] che in Russia ha proposto leggi contro gli omosessuali. No, la Francia non è questo!”, ha esclamato in mezzo agli applausi.

Jean-Luc Melénchon ha approfittato dell’occasione per regolare i suoi conti con il candidato socialista Benoît Hamon, che l’aveva criticato per le sue ambiguità a proposito della Russia. Ha infatti replicato denunciando la visita di Hamon a Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione europea, a Bruxelles.

Questi scambi indiretti lasciano presagire degli scontri più accesi sulle questioni internazionali, nel corso dei prossimi dibattiti prima del primo turno e soprattutto in vista del ballottaggio. Donald Trump e Vladimir Putin non saranno invitati, ma saranno comunque ben presenti nei dibattiti, come amici che hanno aperto la strada o come spauracchi contro i quali bisognerà premunirsi. A decidere saranno i francesi.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it