05 maggio 2020 09:42

Nell’inasprimento dei toni tra Pechino e Washington c’è un aspetto paradossale e in definitiva rassicurante: il resto del mondo si limita ad assistere, preoccupato ma senza farsi coinvolgere.

In questo momento è evidente che agli altri paesi le posizioni della Cina e degli Stati Uniti appaiono così eccessive da rendere impossibile sostenerli apertamente, come invece sarebbe certamente accaduto in altri momenti di tensione internazionale.

Donald Trump ha scelto di prendere di petto la Cina, affermando di possedere le prove che il covid-19 proviene da un laboratorio di Wuhan. Il presidente degli Stati Uniti assicura che il governo cinese sarà costretto a pagare “risarcimenti” miliardari per i danni causati dalla pandemia e minaccia di non onorare i buoni del tesoro statunitensi in possesso della Cina, un gesto mai ipotizzato finora.

Menzogne di guerra
Il problema è che Trump non presenta la minima prova delle sue affermazioni, e anzi contraddice le conclusioni dei suoi stessi servizi d’informazione. Per il momento la pista del laboratorio è solo un’ipotesi tutta da verificare. Sentendo parlare Donald Trump torna alla mente Colin Powell, il segretario di stato di George W. Bush che nel 2003 aveva agitato una fialetta davanti al Consiglio di sicurezza dell’Onu per accusare l’Iraq… Come abbiamo potuto verificare in seguito, quelle accuse erano soltanto una menzogna per giustificare una guerra.

Oggi la diffidenza è tale che nessun altro paese al mondo ha dato seguito alle accuse di Washington. Sono in molti a chiedere che sia fatta chiarezza sulle origini dell’epidemia e a sospettare che la Cina non abbia detto tutta la verità, ma lo fanno senza assumere la postura da guerra fredda dell’amministrazione Trump.

Pechino potrebbe prepararsi a un’ondata di ostilità internazionale dopo la pandemia

La Cina, dal canto suo, ha scelto un metodo di difesa aggressivo che sicuramente non le attira le simpatie degli altri governi.

Nelle ultime settimane i diplomatici cinesi hanno adottato la cosiddetta strategia del “lupo guerriero”, senza risparmiare gli affondi. Questo atteggiamento ha provocato una serie di convocazioni degli ambasciatori cinesi da parte dei governi di diversi paesi, tra cui la Francia, e un peggioramento delle relazioni con l’Australia, la Svezia, e una parte dell’Africa.

In un rapporto interno cinese, diffuso il 4 maggio, si legge che Pechino deve prepararsi a un’ondata di ostilità internazionale dopo la pandemia, avanzando un parallelo con l’isolamento del 1989 dopo il massacro di piazza Tiananmen. Tra gli scenari presentati, il più estremo ipotizza addirittura il rischio di una guerra con gli Stati Uniti.

Non siamo ancora arrivati a questo punto, e il contesto elettorale statunitense può spiegare la posizione di Donald Trump. Tuttavia le riflessioni di Pechino dimostrano che la vicenda lascerà tracce profonde nei rapporti tra la Cina e il resto del mondo.

Oggi è in corso una crisi tra le due maggiori potenze, senza che il resto del mondo si esponga. Al contrario, il 4 aprile l’Europa, l’Organizzazione mondiale della sanità e una parte dei paesi emergenti si sono riuniti in videoconferenza sotto l’egida della Commissione europea per sbloccare una serie di fondi per la ricerca sul vaccino e soprattutto per garantire che le cure siano accessibili per tutti. Gli statunitensi erano assenti, mentre i cinesi hanno mantenuto un atteggiamento discreto.

È stata un’incoraggiante dimostrazione di multilateralismo attivo, possibile antidoto contro il virus della discordia in piena pandemia.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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