05 aprile 2012 00:00

Non tutte le parole che indicano un’attività o un insieme di persone dedite a quell’attività indicano anche il luogo, l’edificio in cui l’attività si svolge e le persone operano. Invece una parola come “scuola” porta con sé questa ambivalenza e la cosa si ripete in altre lingue ed è tanto ovvia che non sempre i dizionari più concisi la segnalano. Nell’ambivalenza si sedimenta la percezione antica e collettiva di un nesso profondo con cui si legano l’articolazione dei luoghi e degli spazi e l’attività educativa istituzionale e collettiva. Un edificio-scuola cui si accede attraverso scale e scaloni proiet­ta un’idea di scuola-educazione diversa da un edificio accessibile in piano e aperto sull’ambiente: proietta e in parte condiziona, se non determina.

Non è stato breve il cammino che ha portato architetti e committenti pubblici o privati a capire la portata delle scelte edilizie e urbanistiche in materia scolastica. In Finlandia per le loro scuole hanno saputo capire anche questo. E così per tutto aprile (fino al 28) a Parigi nell’istituto finlandese di cultura si tiene una mostra di edifici scolastici realizzati in Finlandia in questi anni duemila: scuole di base per ragazze e ragazzi dai sette ai sedici anni e licei e istituti professionali per i più grandi. L’esposizione s’intitola, con una punta d’ironia, La meilleure école du monde. La mostra vale davvero un détour per capire, oltre le cifre statistiche, quanto impegno civile e creativo sorregge la scuola finlandese.

Internazionale, numero 943, 6 aprile 2012

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