I Wednesday raccontano il tira e molla della vita con un suono che mescola fragili riff alt-country e improvvisi scoppi di feedback elettrico, mentre la cantante Karly Hartzman recita memorie sospese tra angoscia e malinconia. Con Bleeds il gruppo di Asheville, in North Carolina, affina la formula già collaudata, trovando un equilibrio più naturale tra shoegaze ruvido e country emozionale. Le canzoni, ora più coese, si aprono come arazzi vibranti di emozioni intrecciate. Brani come Reality tv argument bleeds colpiscono con chitarre brucianti, mentre Townies alterna pedal steel e distorsione con testi feroci (“You sent my nudes around”, hai mandato le mie foto di nudo ovunque), mentre Wound up here (by holdin on) rivela verità oscure da provincia statunitense. Non manca la leggerezza in pezzi come Phish Pepsi e Gary’s II richiama l’intimità dei vecchi lavori del gruppo, confermando la dimensione autobiografica delle storie. Il vertice dell’album – al quale ha partecipato anche il chitarrista Mj Lenderman, che però non andrà più in tour con la band – è Pick up that knife: aneddoti ironici ancorano Hartzman al quotidiano, culminando in un finale travolgente che richiama l’energia di J Mascis. In Bleeds i Wednesday dimostrano di saper dare voce alla vita di provincia, tra estasi e dolore, con una forza narrativa e musicale che oggi li rende più vitali che mai.
Dom Lepore, The Line of Best Fit
Bastano i primi trenta secondi del nono album di Gruff Rhys per ricordarci della sua grandezza e imprevedibilità. Come negli altri suoi dischi, da solo o con il gruppo Super Furry Animals, la forza è nella voce, che spicca tra arrangiamenti elaborati e una scrittura eccellente. Rispetto al lavoro precedente, pieno di pezzi orecchiabili, Dim probs – il suo quarto album interamente in gallese – procede attraverso bozzetti impressionistici e lo-fi sempre coesi. Cercando un supporto limitato dall’esterno, come la sua band dal vivo oppure Cate Le Bon e H. Hawkline alle voci, Rhys vuole coinvolgere l’ascoltatore invece di attirare la sua attenzione. Anche se non parlate il gallese, la gioia è nella semplicità e nella ripetizione delle parole perché in fondo lui potrebbe cantare bene qualsiasi cosa. L’album porta con sé anche una certa rilevanza politica e culturale: il cantautore conserva uno spirito punk che gli permette di non preoccuparsi della risposta del pubblico e dell’industria alle sue scelte. Gli interessano solo la musica, il linguaggio e la sua identità nazionale in senso internazionalista. Dim probs potrebbe sembrare un’aggiunta di poco conto al repertorio dell’artista ma in realtà è un’opera piena di umanità e bellezza che potrebbe vincere la prova del tempo rispetto ad altri lavori più accessibili.
John Williamson, Clash
La musica per quartetto d’archi di Luciano Berio (1925-2003) copre tutta la sua carriera come compositore ed è sempre affascinante. Lo Studio (1952) è un tipico, impulsivo esempio di avanguardia. Il Quartetto (1956) è già più personale, con il suo uso di tecniche estreme che si fondono in un discorso di potente immediatezza. Sincronie (1964) è un ottimo esempio della fase più radicale dell’autore, esplorando i limiti delle possibilità dei quattro strumenti. Notturno (1993) è etichettato anche come terzo quartetto, un nome che ne sottolinea la linea evolutiva con il pezzo precedente: è musica solida ed evocativa, e rimane tra le sue più importanti. Glosse (1997) è tratto dagli schizzi per un quarto quartetto che Berio non terminò mai: un capriccioso commento su se stesso tipico degli ultimi anni del lavoro del compositore. Questa sequenza di musiche particolarmente contrastanti è unificata dall’ammirevole convinzione del quartetto Molinari, ed è un nuovo punto di riferimento discografico.
Richard Whitehouse, Gramophone
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