Editoriali

Una sfida per Lula

L’assalto dell’8 gennaio contro le istituzioni brasiliane rappresenta la minaccia più grave per la democrazia del paese dalla fine della dittatura nel 1985. Il presidente Luiz Inácio Lula da Silva dovrà fare ricorso a tutta la sua abilità politica per gestire un paese pericolosamente spaccato.

Comprensibilmente, la sua reazione immediata è stata definire i manifestanti “vandali, fascisti e fanatici”, e puntare il dito contro il suo predecessore di estrema destra Jaír Bolsonaro, accusandolo di aver istigato alla rivolta.

Bolsonaro si trova negli Stati Uniti, e ora teme di essere estradato in Brasile e processato per corruzione. A consolidare la sua base non è stato il buon governo, ma la mobilitazione continua attraverso il fanatismo e le teorie del complotto. Senza il loro leader, e tagliati fuori dal sistema partitico, oggi i bolsonaristi rappresentano un bacino elettorale allettante. Gli opportunisti che cercheranno di conquistarlo non mancano, ed è per questo che Lula dovrà non solo estirpare il cancro politico dell’estrema destra ma anche affrontare le condizioni sociali ed economiche che hanno favorito la sua crescita. Lula ha guidato il paese dal 2003 al 2011, ma la sua ideologia è rimasta forte fino al 2016. La transizione verso il bolsonarismo è stata segnata dalla crisi economica, dagli scandali di corruzione e dal collasso del sistema politico.

Durante questo periodo la deregolamentazione e lo sfruttamento sono stati mascherati da libertà personale e spirito imprenditoriale, mentre il razzismo e il sessismo sono stati presentati come una difesa dei valori cristiani, a cui molti brasiliani si sono aggrappati di fronte all’incertezza economica. Per allargare la propria base elettorale nelle zone rurali, Bolsonaro ha anche favorito la deforestazione e l’attività mineraria illegale.

Lula vuole cancellare le riforme del suo predecessore e promette che la lotta contro la povertà e la fame sarà il “marchio” del suo governo. Inoltre il presidente vuole aumentare gli investimenti nelle energie rinnovabili e regolamentare la _ gig economy_. Questo programma ha messo i mercati finanziari contro il Brasile, ma è assolutamente necessario per salvare la democrazia brasiliana. ◆ as

Trasparenza contro il covid

Dopo quasi tre anni di politica “zero covid”, la Cina si è infine rassegnata a convivere con il virus. La strategia che puntava a controllare la pandemia attraverso test a tappeto e rigidi lockdown è stata abbandonata il 7 dicembre. Questa svolta radicale ha lasciato il paese, dove il tasso di vaccinazione è ancora insufficiente, in preda a un’ondata di contagi senza precedenti. Pechino ha ammesso che è impossibile seguire l’evoluzione dell’epidemia, e nel resto del mondo aumenta l’inquietudine per la scarsa trasparenza dei dati cinesi e per la possibilità che emergano nuove varianti.

Il 4 gennaio l’Unione europea ha adottato una serie di raccomandazioni, che invitano a sottoporre a tampone i passeggeri provenienti dalla Cina e a realizzare test a campione al loro arrivo, procedendo al sequenziamento di quelli positivi per individuare eventuali nuove varianti. Queste misure sono state definite inaccettabili dalle autorità cinesi, che hanno minacciato ritorsioni. Una reazione sorprendente da parte di un paese che per quasi tre anni ha smesso di rilasciare visti turistici e ha imposto la quarantena obbligatoria a chi entrava.

Le proteste di Pechino sembrano ancora meno giustificate se si tiene conto che dalla comparsa del virus a Wuhan nel gennaio 2020 le autorità cinesi hanno dato prova di una sistematica mancanza di trasparenza. Dopo aver esitato a lanciare l’allarme e aver sminuito la gravità della situazione, la Cina è stata accusata di aver ostacolato le inchieste internazionali sull’origine del covid.

Per l’Unione europea l’obiettivo non è ritardare l’arrivo dei casi di covid o delle varianti cinesi in Europa, che sarebbe impossibile, ma essere informata in tempo reale sulle possibili mutazioni del virus. In mancanza di informazioni affidabili da parte della Cina, è necessaria una vigilanza sanitaria internazionale. Anche se a Pechino non piace, la trasparenza resta uno strumento essenziale per controllare la pandemia. ◆ gac

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1494 - 13 gennaio 2023
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