Da anni gli abitanti di Tuvalu sono consapevoli della minaccia che incombe sul loro paese: se non si fa nulla per combattere la crisi climatica, un giorno le loro isole nell’oceano Pacifico potrebbero essere inghiottite dal mare.

A fronte di una minaccia sempre più seria, l’Australia ha offerto agli 11.200 cittadini di Tuvalu la possibilità di vivere, studiare e lavorare nel paese. Ogni anno saranno rilasciati fino a 280 visti.

Ma per chi vive nel piccolo arcipelago, come Venu Edwin Pedro, grafico e fotografo di 37 anni, la scelta di andarsene non è semplice. “Sono cresciuto qui, e qui sono riuscito a cavarmela bene”, dice l’uomo, padre di sette figli. “Confido in dio”. Pedro ha già visto gli effetti del cambiamento climatico, come i villaggi sommersi dal mare lungo le coste di Tuvalu. Il paese è composto da nove isole basse e si trova a metà strada tra l’Australia e le Hawaii. Pedro si preoccupa per il futuro dei suoi figli e crede che all’estero potrebbero avere una vita migliore. “Non so cosa li attende”, dice. “Non so se le isole sopravvivranno ai prossimi dodici anni. Penso che per loro sia meglio andare a cercare buone opportunità in Australia e farsi una famiglia lì”.

Una benedizione

L’accordo tra Australia e Tuvalu prevede di offrire a famiglie come quella di Pedro un percorso più rapido per accedere a queste opportunità, un “percorso speciale di mobilità umana” per i cittadini dell’arcipelago che vogliono trasferirsi in Australia. L’accordo è stato accolto con favore dai leader della comunità, come Taualo Penivao, della chiesa cristiana di Tuvalu, secondo cui “si è andati oltre le aspettative” con quella che definisce una “benedizione storica per i tuvaluani”.

Questo percorso agevolato dovrebbe far aumentare in modo significativo la migrazione tra i due paesi: oggi in Australia vivono circa 250 persone nate a Tuvalu, di cui solo trenta si sono trasferite nel 2021. Un numero che l’accordo, una volta in vigore, potrebbe far raddoppiare nel giro di un anno, mentre nello stesso lasso di tempo Tuvalu rischia di perdere più del 2 per cento della popolazione.

Costi da definire

Alcuni dettagli del piano sono ancora in fase di definizione e il ministro per i cambiamenti climatici di Tuvalu, Seve Paeniu, ha dichiarato che il suo governo “non ha ancora messo a punto” le procedure per selezionare chi si trasferirà in Australia. Paeniu spiega che l’accordo non ha lo scopo di trasferire i cittadini colpiti dagli effetti del cambiamento climatico, insistendo sul fatto che Tuvalu non ha “rinunciato a lottare” per preservare la sua terra. “I nostri cittadini sono liberi di andare in Australia e possono anche scegliere di tornare a Tuvalu”, dice, aggiungendo che per il governo questo accordo non “è paragonabile a un reinsediamento di rifugiati”. Il limite concordato con l’Australia di 280 persone all’anno “eviterà che i tuvaleani lascino l’arcipelago in massa”.

Alcuni abitanti di Tuvalu potrebbero però volersi trasferire in Australia e scoprire di non poterlo fare. I voli costano più di 900 dollari australiani (542 euro), troppo per un paese in cui, secondo un rapporto del 2017, oltre il 25 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà. A questa spesa si aggiungerebbero le tasse per la richiesta del visto, anche se i due paesi non hanno definito i costi dell’intera procedura.

Talua Nivaga, cofondatore dell’organizzazione ambientalista Fuligafou, guidata dai giovani di Tuvalu, e project manager di Oxfam, ha accolto con favore l’alleggerimento delle barriere migratorie verso l’Australia. A suo parere, però, senza un supporto finanziario solo le persone più ricche potranno permettersi il piano. Chi è più colpito dal cambiamento climatico, “i più vulnerabili, quelli che non hanno molti soldi per emigrare, resteranno indietro”.

Queste preoccupazioni hanno spinto alcuni attivisti per il clima, tra cui Richard Gokrun del Climate action network di Tuvalu, a chiedere al governo di “ripensare” il trattato. “Non vogliamo essere rinchiusi in altri paesi”, dice Gokrun. “Allontanarci significa far morire le nostre culture”.

Prima di entrare in vigore, l’accordo dovrà superare delle “procedure interne” sia in Australia sia a Tuvalu, e il parlamento australiano deve ancora approvarlo. Secondo Paeniu bisognerà aspettare ancora un anno e potranno esserci ulteriori modifiche a seconda dell’esito delle elezioni di gennaio a Tuvalu, quando un nuovo governo sarà chiamato a “rinnovare” il trattato con l’Australia.

Pedro, che rispetto all’idea di lasciare il suo paese ha ancora molte preoccupazioni, è tuttavia certo che la cultura di Tuvalu fiorirà anche se i suoi cittadini emigreranno all’estero. “La cultura è con le persone, ovunque vadano”, dice. “Un luogo senza persone non è un paese”. ◆ gim

Da sapere
Il cinismo di Canberra

◆ “L’accordo siglato dall’Australia con Tuvalu è il primo nel mondo a prevedere di ricollocare una popolazione bloccata dall’innalzamento del livello del mare e sottolinea il cinismo di una politica che evita di affrontare le cause della crisi climatica”, scrive il Saturday Paper. “L’Australia non sta facendo nulla rispetto alla grande questione di fondo: la necessità di terminare progressivamente l’estrazione di carburanti fossili. La classe politica sembra invece voler insistere con il gas e, soprattutto, con il carbone. In un certo senso si sono comprati il sostegno di Tuvalu nel Pacifico”. Inoltre, anche se nel testo dell’accordo si parla di rispetto della sovranità dei due paesi, il piccolo arcipelago dovrà chiedere il consenso di Canberra prima di siglare con altre nazioni, una su tutte la Cina, patti in materia di difesa, polizia, protezione delle frontiere, sicurezza informatica e infrastrutture fondamentali come i porti.


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Questo articolo è uscito sul numero 1540 di Internazionale, a pagina 35. Compra questo numero | Abbonati