02 novembre 2015 15:10

I giornali turchi commentano ampiamente la vittoria del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp) di Recep Tayyip Erdoğan nelle elezioni legislative anticipate del 1 novembre. Il presidente ha vinto la sua scommessa: conquistare la maggioranza assoluta dei seggi, dopo che l’aveva persa in quelle di giugno. Ora l’Akp può governare da solo, ma dovrà trovarsi degli alleati per cambiare la costituzione in senso presidenzialista, come auspicato da Erdoğan.

Rivoluzione nelle urne
Sabah
“Ora bisogna approvare una costituzione civile”, scrive il giornale filogovernativo, sottolineando che l’attuale, benché più volte emendata, rimane quella entrata in vigore dopo il golpe del 1980. L’editorialista Yavuz Donat osserva che “l’Akp è al potere per la quarta volta di fila, un record. Ma quello che importa è che la Turchia sia riuscita a organizzare queste elezioni malgrado tutte le provocazioni”.

Splendida vittoria!
Yeni Şafak
“Il 1 novembre rimarrà nelle memorie della nostra storia politica”, scrive trionfale il quotidiano filogovernativo, secondo il quale “la Turchia si è unificata per resistere alle minacce interne ed esterne. Ottenendo una vittoria eclatante, l’Akp torna a essere l’unico partito al potere. E migliora i suoi risultati in tutte le province del paese, prendendo voti sia al Chp [socialdemocratico e kemalista] sia al Mhp [destra nazionalista] sia all’Hdp [filocurdo]”.

Yeni Safak, 2 novembre 2015.

Vince la paura
Cumhuriyet
Sul quotidiano kemalista l’editorialista Orhan Bursalı chiede che Erdoğan metta fine alla strategia della tensione che ha portato alla vittoria il suo partito: “Se i sondaggi si sono sbagliati, almeno su un punto avevano ragione: la sicurezza è stata la priorità degli elettori! Tutti gli altri problemi sono passati in secondo piano. […] L’Akp proseguirà con la sua politica repressiva e autoritaria dopo le elezioni? Speriamo di no. Erdoğan deve rinunciare alla sua politica militaresca. Il suo più grande timore era di perdere il potere e oggi non ha più motivo di temerlo. Non sono certo le questioni economiche che spingeranno l’AKp ad avere una politica ancora più autoritaria”.

Cumhuriyet, 2 novembre 2015.

Il verdetto delle urne
Hürriyet
Per Mehmet Yilmaz, si è trattato di “un’elezione con molti perdenti e un vincitore solo: Erdoğan”. In particolare, l’editorialista del quotidiano laico scrive che “il partito centrato sulla questione curda Hdp ha superato per un pelo la soglia di sbarramento. Uno dei motivi è che non è riuscito a capire che i voti conquistati dall’Hdp erano ‘presi in prestito’” e che “gli attacchi del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) hanno trasformato molte città del sudest in focolai di guerra. L’Hdp non si è schierato nettamente contro questi atti. In poche parole, non è stato capace di liberarsi della ‘tutela militare’ del Pkk”.

Quanto a Erdoğan, scrive Yilmaz, “magari non sarà capace di instaurare un sistema presidenziale, ma possiamo già dire che trasformerà l’attuale in un tacito semipresidenzialismo. C’è una sola lezione da trarre dal risultato di queste elezioni: la Turchia sta andando alla deriva, verso una dittatura personale. E la gente ha il governo che si merita”.

Hürriyet, 2 novembre 2015.

Solo al potere
Zaman
“Ciò che è mancato in queste elezioni è la legittimità”, scrive Mümtaz’er Türköne sul quotidiano di opposizione Zaman. L’editorialista fa riferimento all’occupazione, tre giorni prima del voto, di due emittenti televisive vicine, come lo stesso Zaman, al movimento dell’imam in esilio Fetullah Gülen, un tempo alleato di Erdoğan e oggi suo strenuo avversario. Per Türköne, “non si può infatti affermare che queste elezioni si sono svolte in un clima giusto, trasparente e democratico”.

In collaborazione con VoxEurop.

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