21 novembre 2015 18:04

In Argentina sta arrivando il cambiamento. Dopo 12 anni di presidenza di Néstor Kirchner e Cristina Fernández Kirchner, il liberale Mauricio Macri sembra il favorito al ballottaggio delle elezioni presidenziali, il 22 novembre, contro Daniel Scioli, il candidato della coalizione di governo.

Alla vigilia del primo turno del 25 ottobre, Macri era dato per sconfitto. Ma il suo risultato – il 34,5 per cento dei voti, dato inatteso anche all’interno della sua stessa équipe – ha dato al sindaco di Buenos Aires nuovo slancio e oggi è favorito secondo tutti gli istituti di sondaggio. Gli stessi che un mese fa prevedevano la vittoria di Scioli.

Con la sua coalizione Cambiemos (Cambiamo) – che unisce i radicali dell’Ucr e il suo partito di destra, Propuesta republicana (Pro) – Macri, 56 anni, ha centrato la sua campagna sulla rottura con la politica economica protezionista della presidente Cristina Fernández Kirchner, che in base alla costituzione non poteva presentarsi per un terzo mandato.

In un paese in cui le dittature militari si sono alternate al potere con i peronisti e l’Ucr, Mauricio Macri è riuscito a imporre una nuova forza politica nella storia del paese sudamericano. Ma se domenica sarà eletto, in mancanza di una maggioranza alla camera dei deputati dovrà trovare un compromesso con il movimento peronista, che al primo turno presentava tre candidati: Scioli (che ha ottenuto il 37 per cento), Sergio Massa (il 21 per cento) e Rodriguez Saa (il 2 per cento).

L’ombra al peronismo

La storia ricorda che in Argentina è difficile governare senza l’appoggio del peronismo. Infatti nessuno dei quattro presidenti che non erano peronisti è riuscito a portare a termine il proprio mandato. L’ultimo, il radicale Fernando de la Rúa, eletto nel 1999, ha dovuto dimettersi alla fine del 2001 con lo scoppio della crisi economica.

Macri, politico di destra, ha cercato durante la campagna elettorale di allontanarsi dall’immagine di imprenditore a favore dei mercati e sostenitore del libero scambio, assicurando che non avrebbe soppresso gli aiuti sociali ai più poveri e che non avrebbe rimesso in discussione la nazionalizzazione della compagnia petrolifera Ypf. “Sono un uomo di buona volontà che governerà per tutti gli argentini”, ha promesso l’ex presidente della squadra di calcio Boca Juniors, eletto sindaco della capitale nel 2007.

Scioli, 58 anni, si definisce un centrista ed è il governatore della più grande provincia del paese, dove vivono 16 dei 41 milioni di argentini, ed è stato vicepresidente di Néstor Kirchner dal 2003 al 2007. Dopo il primo turno ha cercato di rinfocolare i vecchi timori degli argentini, ancora traumatizzati dalla crisi del 2001 e ha attaccato Macri: “Vuoi farci tornare al passato, a quando l’Fmi sembrava prestarci il denaro a tassi interessanti”, gli ha detto durante il dibattito televisivo tra i due turni, il primo nella storia dell’Argentina. Scioli dice di voler “smascherare Macri”, che secondo lui per timore di mettersi contro gli elettori non dice la verità sulla sua politica economica. “Io posso portare quel cambiamento di cui avete bisogno, senza i rischi del passato”, dice agli elettori in uno spot .

Nelle ultime settimane Scioli e Macri si sono contesi il capitale elettorale di Sergio Massa, arrivato terzo dopo il primo turno con il 21 per cento dei voti. Massa non ha chiesto apertamente di votare per uno dei due, anche se in più di un’occasione si è sbilanciato in favore di Macri. “Penso che vincerà Macri”, ha dichiarato.

Pragmatica, la candidata di sinistra Margarita Stolbizer (il 2,5 per cento dei voti al primo turno) ha rinunciato a criticare Macri e ha dichiarato di preferire la sua coalizione per contrastare il movimento peronista, che da settant’anni domina la vita politica argentina.

È la prima volta che gli elettori sono convocati a un secondo turno per eleggere il presidente.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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