24 maggio 2016 09:50

Controllato dal presidente Recep Teyyip Erdoğan, il regime turco continua a consolidarsi. Il 22 maggio Binali Yıldırım, un fedele del capo dello stato, è stato nominato capo del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp), la formazione islamico-conservatrice al potere, e scelto per formare un nuovo governo. Era l’unico candidato in lizza.

A 60 anni Yıldırım eredita di fatto la funzione di primo ministro e sostituisce Ahmet Davutoğlu, caduto in disgrazia agli occhi di Erdoğan (anche se il presidente lo nega) in particolare per aver preso autonomamente l’iniziativa sulla questione dei migranti e per aver contestato pubblicamente la scelta della carcerazione preventiva di alcuni giornalisti sotto processo con l’accusa di sostenere il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk).

Emerge un modello di potere che ignora tutte le istituzioni tradizionali

La nomina di Yıldırım rappresenta un ulteriore passo verso la fine del regime parlamentare in favore della “superpresidenza” voluta da Erdoğan. Del resto Yıldırım, prima di ricevere l’approvazione dai responsabili dell’Akp, ha dichiarato la sua assoluta obbedienza al presidente.

Nel suo discorso, Yıldırım, che finora occupava il posto di ministro dei trasporti, si è dichiarato favorevole a una riforma della costituzione, con l’obiettivo di consolidare ancora di più il presidente attribuendogli altre prerogative.

“Il problema è che la costituzione non traccia una chiara separazione tra le competenze del primo ministro e quelle del presidente”, si giustifica Nurettin Canikli, capogruppo dell’Akp in parlamento.

I sostenitori del capo dello stato – per lo più cittadini religiosi e conservatori – ritengono che il suo potere sia legittimo. Al contrario i suoi critici, sia nel paese sia fuori, temono che senza poteri che bilancino il suo, Erdoğan cercherà di reprimere ancora più duramente chi non condivide le sue idee.

Secondo Nuray Mert, editorialista del quotidiano Hürriyet, in Turchia sta emergendo un nuovo modello, ed è un modello che non lascia presagire nulla di buono perché ignora tutte le istituzioni tradizionali.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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