06 luglio 2016 09:46

È una terra con la quale conserva legami di sangue. Recandosi in Africa orientale per un viaggio di quattro giorni, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si riavvicina in un certo senso al suo passato familiare.

Il 4 luglio in Uganda – prima tappa di un viaggio che comprende anche una sosta in Kenya, in Ruanda e in Etiopia – il capo del governo israeliano ha commemorato “l’eroica” operazione del 4 luglio 1976 a Entebbe condotta dalle forze speciali israeliane. Suo fratello maggiore Yonatan, capo del reparto, era morto nel corso dell’operazione organizzata in tutta fretta per liberare i passeggeri di un volo Tel Aviv-Parigi dirottato da alcuni palestinesi.

“Quarant’anni fa erano atterrati nel mezzo della notte in un paese governato da un dittatore brutale [Idi Amin Dada] che aveva offerto un rifugio ai terroristi”, ha affermato Netanyahu. “Oggi siamo atterrati in pieno giorno e siamo stati accolti da un presidente [Yoweri Museveni] che combatte il terrorismo”, si è rallegrato il primo ministro israeliano.

Si tratta del primo capo del governo israeliano a recarsi nell’Africa subsahariana dopo Yitzhak Shamir nel 1987. L’obiettivo è quello di consolidare le relazioni diplomatiche e commerciali con il continente. Ma si tratta anche di ottenere il sostegno di diversi paesi contro le critiche occidentali sul deterioramento del conflitto con i palestinesi.

Un nuovo capitolo di storia israeliana
Negli anni sessanta Israele ha avuto delle buone relazioni con i giovani stati africani da poco indipendenti. Ma dopo la guerra del Kippur del 1973 tutto è cambiato. Sotto le pressioni dell’Egitto molti di quei paesi avevano rotto le relazioni con lo stato ebraico. Tuttavia dal 1980 la situazione aveva cominciato gradualmente a migliorare.

“Israele torna in Africa e l’Africa torna in Israele”, si rallegra Netanyahu, che in occasione di questo viaggio vuole scrivere un nuovo capitolo nella storia che lo unisce a questa parte del mondo.

Per Boaz Bismuth, giornalista del quotidiano Israel Hayom, si apre una nuova “età dell’oro”. E secondo lui sarebbe sciocco non approfittarne, perché l’Africa non è solo un continente; è un insieme di 54 paesi, di 54 voti alle Nazioni Unite e in altre organizzazioni internazionali, e di 54 economie. E chi, inoltre, potrebbe ignorare un quarto della popolazione mondiale?

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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