21 luglio 2016 15:17

1. Genesis Breyer P-Orridge, Try to altar everything
Rubin museum, New York, fino al 1 agosto

I musei sono pieni di storie d’amore, dalle divinità innamorate di mortali agli artisti ossessionati dai loro modelli. La storia dell’arte è la storia dell’amore. Al Rubin museum l’artista e musicista Genesis Breyer P-Orridge ha scritto una storia molto particolare. La mostra è un tributo all’ultima moglie, Jacqueline Breyer (alias Lady Jane), morta nel 2007. Genesis P-Orridge la incontrò nel 1993 dopo aver già vissuto molte vite e aver fondato un collettivo artistico, una band pionieristica e una setta occulta. L’incontro con Breyer, un’infermiera bionda, trasformò la sua vita. Insieme hanno condiviso la convinzione che il corpo sia un limite, una valigia di carne, e hanno deciso di creare un terzo essere a metà tra il maschio e la femmina. Hanno trasformato i loro corpi innestandosi protesi mammarie, indossando gli stessi vestiti e diventando immagini speculari di un’entità ibrida battezzata pandrogino. In mostra ci sono collage, sculture, fotografie, installazioni presentate come oggetti sacri, sospesi a metà tra la reliquia e l’opera d’arte. Matrimonio alchemico (2012) è la metafora scultorea della loro unione: tre contenitori di vetro appesi e allineati contengono rispettivamente i capelli, le unghie e la pelle di Lady Jane, quelli di P-Orridge e un groviglio di residui di entrambi. Non è solo la commemorazione di un amore, ma anche il tentativo di creare una comunità attorno alle loro idee. The Village Voice

2. Jorge Otero-Pailos, The ethics of dust
Westminster hall, Houses of parliament, Londra, fino al 1 settembre

Due fogli di lattice traslucidi sono appesi parallelamente alla parete est della Westminster hall. Percorrono la lunghezza dell’antica navata e coprono il muro di pietra in tutta la sua altezza, dalle arcate medievali al pavimento. Camminando tra la membrana di lattice e la parete viene da pensare a un chiostro interno, con la luce color miele che filtra attraverso lastre di sottilissimo alabastro. Rettangoli di stoffa sono incorporati nel materiale giallastro e sporco che odora di gomma. Ci sono macchie di sporco, aloni scuri, sangue coagulato e pezze simili a medicazioni chirurgiche. Vengono in mente ferite, guarigioni, suppurazioni.The ethics of dust di Jorge Otero-Pailos fa venire in mente quello che non c’è e che sembra d’intravedere tra la marea di linee, vortici e sbavature accidentali di vernice. The Guardian

3. Cindy Sherman
Gallery of modern art, Brisbane, Australia, fino al 3 ottobre

Per trent’anni Cindy Sherman ha usato se stessa come modella nella meticolosa messa in scena delle sue fotografie, trasformandosi magicamente in una sorprendente galleria di personaggi con parrucche, trucco e abiti favolosi. Nel suo studio newyorchese fa tutto da sola: si trucca, si veste, si fotografa e modifica le immagini. Per l’ultima serie di lavori Sherman ha preso spunto dalle stelle del cinema muto. Non sono caricature, ma ritratti molto sinceri. A 62 anni l’artista fa i conti con l’età e cerca di dare dignità ai volti segnati di donne fotografate con compassione. The Age

Questa rubrica è stata pubblicata il 15 luglio 2016 a pagina 77 di Internazionale con il titolo “Le relquie di un amore oltre il genere”. Compra questo numero| Abbonati

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