16 agosto 2016 10:06

È in un contesto politico particolare che il Giappone ha celebrato, il 15 agosto, il 71° anniversario della resa giapponese, con un discorso pronunciato dall’imperatore Akihito, figlio di Hirohito.

In occasione delle celebrazioni in onore dei giapponesi morti in guerra organizzata al Nippon Budokai, grande sala nel centro di Tokyo, l’imperatore ha di nuovo utilizzato l’espressione “profondi rimorsi” per definire il passato militarista del paese davanti a un pubblico costituito in gran parte da discendenti delle vittime del conflitto.

Il primo ministro Shinzo Abe, in occasione di un’altra commemorazione, ha utilizzato invece termini più moderati, chiedendo di “non ripetere più gli orrori della guerra”. La maggior parte dei mezzi d’informazione giapponesi ha sottolineato il contrasto fra i discorsi di Akihito e di Abe. “Dalla fine della guerra il nostro paese ha sempre aborrito i conflitti e ha seguito la strada di una nazione di pace”, ha continuato il capo del governo.

Revisionismo storico

Abe è regolarmente accusato di revisionismo storico nei confronti delle aggressioni militari giapponesi in Asia e di alcuni crimini di guerra. E sta cercando di fare approvare dei progetti di legge molto criticati per rafforzare il ruolo militare del Giappone, modificando la costituzione pacifista promulgata all’indomani della guerra.

Come ogni 15 agosto Abe ha però evitato la polemica e non si è recato al santuario di Yasukuni, che onora in particolare i criminali di guerra. Invece è andato al cimitero nazionale di Chidorigafuchi dove sono sepolti 365mila soldati giapponesi non identificati.

Neppure la nuova ministra della difesa Tomomi Inada è andata a Yasukuni perché era impegnata nel suo primo viaggio ufficiale all’estero, a Gibuti. In passato, questa stretta collaboratrice di Abe si era recata regolarmente in questo santuario controverso e proprio la sua nomina a ministra aveva preoccupato la Cina e la Corea del Sud.

Tuttavia diversi esponenti del governo si sono recati a Yasukuni, provocando le critiche del ministro degli esteri cinese. I discorsi e le visite ufficiali del 15 agosto sono stati seguiti da vicino anche dalla Corea del Sud, che nello stesso giorno celebra la fine dell’occupazione giapponese.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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