08 settembre 2016 13:31

In Venezuela si susseguono le manifestazioni contro il presidente Nicolás Maduro. Dopo quella del 1 settembre, che secondo i dirigenti dell’opposizione ha richiamato quasi un milione di persone, nuove giornate di mobilitazione sono previste per il mese di settembre nella capitale Caracas.

Dopo il successo della prima manifestazione, l’opposizione – riunita in una vasta coalizione, il cosiddetto Tavolo per l’unità democratica (Mud, centrodestra) – vuole aumentare la pressione su Maduro chiedendo un referendum di destituzione già nel 2016. Nel frattempo, anche i sostenitori del presidente sono scesi in piazza il 1 settembre a Caracas per denunciare un “colpo di stato”.

Ormai da più di otto mesi il Venezuela è alle prese con una crisi economica, politica e istituzionale. L’origine di questa situazione va ricercata nel calo all’inizio dell’anno dei prezzi del petrolio.

Il Venezuela paga oggi la sua dipendenza dal greggio, che rappresenta il 96 per cento delle valute estere del paese. E mentre il prezzo del petrolio crolla, ne subisce le conseguenze l’intera economia nazionale. In mancanza di dollari per importare merci, la mancanza di alimenti e di medicinali ha raggiunto un livello drammatico. Il crollo delle entrate petrolifere ha rovinato i conti pubblici e indebolito il governo. In febbraio il presidente è stato costretto ad aumentare fino al 6.000 per cento il prezzo del petrolio. Secondo Maduro, invece, le responsabili di questa situazione sono le imprese private che con la speculazione “stanno distruggendo” l’intero sistema.


Secondo uno studio pubblicato il 23 agosto dall’organizzazione Médicos por la salud e dall’Osservatorio venezuelano per la sanità insieme all’università centrale del Venezuela, la penuria interessa ormai l’81 per cento del materiale medico-chirurgico e il 76 per cento dei farmaci indispensabili per curare i pazienti degli ospedali pubblici. In Venezuela manca quasi l’80 per cento dei prodotti di base e la popolazione è costretta a fare code di ore per cercare di acquistare un qualsiasi prodotto alimentare. Per fronteggiare la situazione il governo ha nominato il 3 settembre 18 responsabili militari incaricati di sorvegliare la produzione, la distribuzione e la commercializzazione dei beni di prima necessità. Questi ufficiali dovranno ormai occuparsi di alimenti di prima necessità come lo zucchero, il riso e la farina.

Il referendum per destituire Maduro
L’obiettivo era stato annunciato diversi mesi fa: gli oppositori del successore di Hugo Chávez vogliono organizzare un referendum per destituire l’attuale presidente. In aprile l’autorità elettorale (Cne) aveva autorizzato gli avversari di Maduro a raccogliere le firme per questa procedura. La soglia era di 195mila firme, cioè l’1 per cento degli elettori, che sono state raccolte in pochi giorni.

All’inizio di maggio l’opposizione, che ha ottenuto la maggioranza in parlamento alle elezioni politiche del dicembre 2015, ha consegnato 1,85 milioni di firme in favore del referendum. All’inizio di agosto l’autorità elettorale, accusata dall’opposizione di essere controllata dal governo, ha dato il suo accordo al progetto di referendum. Ma adesso la questione si è spostata sulla data dello scrutinio: si farà nel 2016 o nel 2017?

Per gli avversari di Maduro è fondamentale che la procedura termini prima del 10 gennaio 2017. Se infatti il referendum si svolgesse prima di questa data e avesse successo, sarebbero organizzate delle nuove elezioni. Al contrario se lo scrutinio verrà organizzato dopo e il presidente sarà revocato, Maduro potrebbe essere sostituito dal suo vicepresidente, un duro colpo per l’opposizione. E a quanto pare il Venezuela si sta avviando verso questa soluzione.

Infatti il calendario presentato in agosto dal Cne rende praticamente impossibile lo svolgimento dello scrutinio prima della fine dell’anno. L’opposizione accusa ormai l’autorità elettorale di servire gli interessi del governo.

Il 23 agosto, inoltre, Maduro ha ordinato la destituzione dei dirigenti della pubblica amministrazione che hanno firmato la richiesta di referendum. Il dirigente chavista Jorge Rodriguez ha annunciato che sono state rivelate le liste con “i nomi delle persone […] che hanno espresso pubblicamente la loro vicinanza alla destra venezuelana e che hanno partecipato alla procedura per indire un referendum di destituzione nato morto. Nessun posto di responsabilità nei ministeri, nelle istituzioni pubbliche, nei governi locali e comunali può essere occupato da persone che sono contro la rivoluzione e il presidente Nicolas Maduro”.

Contemporaneamente, l’opposizione e diverse ong denunciano decine di arresti. Uno dei leader dell’opposizione Daniel Ceballos è stato arrestato il 3 settembre da agenti dei servizi segreti. Secondo il ministero dell’interno era pronto a scappare “e a dirigere e coordinare delle azioni violente nel paese”.

Maduro accusa l’opposizione di organizzare un colpo di stato con il sostegno degli Stati Uniti

L’organizzazione per la difesa dei diritti umani Foro penal venezolano ha denunciato l’arresto di una trentina di oppositori il 2 e il 3 settembre dopo una manifestazione contro il potere a Porlamar, dove Maduro era andato a inaugurare delle case popolari ed era stato accerchiato da una folla inferocita. Tutti sono stati liberati tranne un giornalista, Braulio Jatar Alfonso, direttore del sito di informazione venezuelano Reporte confidencial, che è stato accusato di riciclaggio di denaro. Il 31 agosto la corrispondente di Le Monde Marie Delcas è stata accompagnata all’aeroporto di Caracas ed espulsa dopo aver scritto un articolo sulla manifestazione dell’opposizione. La stessa sorte è toccata ad alcuni giornalisti della radio statunitense Npr, del Miami Herald, di due testate colombiane e di un’équipe della rete Al Jazeera.

In tutta risposta alle polemiche suscitate da questi provvedimenti, la ministra degli esteri venezuelana Delcy Rodríguez ha attaccato i giornalisti. “I giornali che rispettano le condizioni previste saranno i benvenuti nel nostro paese […]. [Ma] non possono venire in Venezuela come dei cowboy nel far west, lavorando nel nostro paese senza rispettare le norme previste dalla legge”.

Il 1 settembre Maduro ha inoltre annunciato di aver preparato un decreto per togliere l’immunità ai parlamentari, accusando l’opposizione di preparare un colpo di stato con il sostegno degli Stati Uniti. “Che piangano o che supplichino, andranno in prigione”, aveva affermato Maduro qualche giorno prima, riferendosi alla destituzione della presidente del Brasile Dilma Rousseff.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it