23 dicembre 2016 11:31

Scelti da Giovanni Ansaldo
David Bowie, Blackstar
Blackstar è uscito l’8 gennaio, due giorni prima della morte di David Bowie. Inevitabile che acquistasse un significato simbolico assoluto e diventasse il canto del cigno del musicista britannico. È un disco cupo ed enigmatico, registrato in gran segreto nello studio The Magic Shop di New York insieme a dei musicisti jazz locali. Bowie era malato da tempo di tumore, anche se fino all’ultimo non ha saputo che la sua malattia era allo stato terminale, e ha lavorato a queste canzoni sapendo che potevano essere tra le ultime della sua carriera (in realtà voleva fare ancora un disco prima di lasciare la Terra). Forse è per questo che i brani di Blackstar hanno una disperata urgenza espressiva. Con le ultime forze che gli rimanevano, Bowie ha piazzato la zampata finale della sua carriera.

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Radiohead, A moon shaped pool
Nei mesi scorsi si è parlato molto più della “sparizione” dai social network dei Radiohead che del loro nono album, A moon shaped pool. La scelta di cancellare i propri post da Facebook, Twitter, Instagram e dal sito ufficiale, a conti fatti, era solo una strategia di marketing, neanche troppo originale. A mesi di distanza, invece conviene riascoltarsi il disco senza distrazioni. A moon shaped pool non è uno dei lavori migliori della carriera dei Radiohead (per esempio è inferiore al sottovalutato The king of limbs ma è superiore al pasticciato Hail to the thief), ma farebbe la fortuna di parecchie band in circolazione. I Radiohead si confermano come la band rock (ha ancora senso usare questo termine?) più influente del pianeta.

Kanye West, The life of Pablo
Vedi alla voce: separare l’uomo dall’artista. Kanye West ormai è un personaggio discutibile, non sa più se vuole essere Gesù, il presidente degli Stati Uniti, il re dell’hip hop, il migliore amico di Donald Trump o chissà cos’altro. Ma quando mette mano su un campionamento si dimostra ancora un fuoriclasse. The life of Pablo è una cartina di tornasole di cos’è la musica nel 2016. Dentro c’è il gospel, il rap da classifica e diversi furti artistici molto ben riusciti. Perfino le parti più deliranti conservano un forte fascino.

Scelti da Marco Boccitto

Metá Metá, MM3
Terzo affondo d’intelligenza rumorosa dal trio succo concentrato del “samba torto” paulistano, una via più afro-punk-jazz di altre al passo disorientato del Brasile di quest’anno, e che a cent’anni da Pelo Telefone ancora s’industria. Disordem e progreso.

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Konono No. 1 / Batida, Konono N°1 meets Batida
I lamellofoni più brutalmente elettrificati nella storia dell’Africa incontrano il kuduro svalvolato dell’estrema sinistra luso-angolana. Da Kinshasa a Luanda, dal regime di Kabila a quello di dos Santos, tramonto rosso fuoco condiviso al ritmo promettente e inquietante della “transizione”.

Piccola Orchestra Gagarin, Vostok
Equipaggio sardo-russo-catalano con avatar del compagno Yuri a bordo, il ritmo pastoso dell’afronauta Mandla Maseko che accende i razzi, un’antica Piaghesa ripresa da consegnare al primo alieno che passa, scompensi gravitazionali per archi e un omaggio da lontano alla madre terra Oum Khaltoum. Mica balle spaziali.

Elza Soares, A mulher do fim do mundo
Elza Soares ha 77 anni ed è un’istituzione della musica popolare brasiliana. Il suo ultimo album però non ha nulla di protocollare o di celebrativo. Questa è la musica (modernissima) di una donna combattiva, fiera e orgogliosa di tante cose: delle sue origini, della sua arte, della storia che l’ha segnata e orgogliosa anche del suo sesso. Sì, a 77 anni. A mulher do fim do mundo (la donna alla fine del mondo) è un lavoro militante e coraggioso che azzera qualunque pregiudizio che il mondo di oggi può avere su razza, genere ed età.

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The Weeknd, Starboy
Quando nel 2011 è uscita (scaricabile gratuitamente) la prima musica di The Weeknd (il canadese Abel Tesafye, 26 anni) nessuno pensava che sarebbe potuto diventare in breve la più grande popstar del mondo. Il suo era un r&b gotico e sghembo, con campionamenti di Siouxsie & the Banshees e testi che parlavano di droghe pesanti, orge, alienazione e ottundimento dei sensi. Nel 2016, arrivato al suo quarto album, The Weeknd ha messo a fuoco tutto in modo perfetto. Starboy è un capolavoro pop e The Weeknd è diventato il negativo di Justin Timberlake. Se Justin si è affermato come la versione bianca ed edulcorata di Michael Jackson, The Weeknd è riuscito a diventare lo zombie di Jackson. Starboy è il “black mirror” attraverso cui guardare questo 2016 distopico e disturbato.

Artisti vari, Space Echo. The mystery behind the cosmic sound of Cabo Verde finally revealaed
Ok, è una compilation di canzoni incise tra il 1975 e i primi anni ottanta a Capo Verde. Ma una delle caratteristiche di questo 2016 è stata la riscoperta di eccezionali tesori musicali africani a opera di etichette come Analog Africa, Strut o Awesome tapes from Africa. Riscoperte che ci fanno capire sempre di più quanto angusta e tutto sommato neocolonialista sia l’etichetta di world music. Questa raccolta arriva corredata da una leggenda urbana che non importa se sia vera o no: nel 1968 sulle isole di Capo Verde naufragò un bastimento carico di strumenti elettronici. I musicisti del luogo cominciarono a smanettarci sopra. Il risultato è questa musica pazzesca, che mescola elettronica e generi tradizionali di questo lembo estremo di Africa occidentale. Sarà anche musica vecchia di quarant’anni ma arriva da un luogo dello spazio e del tempo di cui non sapevamo nulla.

Daniil Trifonov, Transcendental
Il mensile britannico Gramophone ha eletto Daniil Trifonov artista dell’anno del 2016. Questo doppio cd dedicato agli studi di Franz Liszt è prezioso per molti motivi: perché ci fa sentire degli Studi d’esecuzione trascendentale speciali per fantasia e impatto narrativo; perché ci mette in casa anche gli altri studi lisztiani, tanto meno frequenti (un album con tutte e quattro queste raccolte non mi viene proprio in mente, a prescindere dalla qualità, che qui è stellare); e perché ci fa ritrovare un giovane pianista del quale sentiremo ancora parlare per molto tempo. Il video è un trailer promozionale, un antipasto di lusso. Se cercate Trifonov su YouTube spunta anche un’integrale degli Studi d’esecuzione trascendentale dal vivo.

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Julius Katchen, The complete Decca recordings
Continua la moltiplicazione dei grandi box di ristampe. Quello dedicato ai dischi Rca di Charles Munch, soprattutto con la Boston symphony orchestra (Rca Red Seal), è prezioso (e colossale: 86 cd). Quello che mi sta più a cuore, però, è quello di 36 cd con le registrazioni Decca di Julius Katchen. È un raro caso di cofanetto che si dichiara “completo” ed è veramente completissimo (ci sono anche i rari 78 giri, courtesy of the British library), ha una commovente nota di Cyrus Meher-Homji, e ci immerge nell’arte di un artista che garantiva il dominio di un repertorio molto eclettico. Jed Distler lo definì un incrocio tra Esther Williams e Mark Spitz, un paragone acquatico buffo ma sensato.

Johannes Brahms, Quartetti per archi, quintetto per piano e archi. Belcea Quartet, Till Fellner
Recentemente ho sentito il quartetto Belcea dal vivo a Roma in un programma di Schubert e Šostakovič che mi ha fatto una grande impressione. Mai come questa integrale dei tre quartetti per archi di Brahms: un’esecuzione che inchioda alla poltrona, e rende splendidamente i momenti di tensione più accesa come quelli più malinconici. Un album perfetto per riscoprire una musica che si dimentica troppo spesso. C’è anche il quintetto per piano: ha una concorrenza discografica colossale, ma fa sempre piacere.

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