01 marzo 2017 14:30

Fuggono dall’orrore, dalle persecuzioni e dalla morte. Negli ultimi giorni decine di famiglie di cristiani copti d’Egitto sono scappate dalla penisola del Sinai verso Ismailia, una città che si trova 120 chilometri a nordest del Cairo, dopo una serie di esecuzioni compiute dai militanti del gruppo Stato islamico (Is) a El Arish.

Il Sinai, una zona in gran parte desertica, rischia di diventare un rifugio per i jihadisti di tutto il mondo. Dopo la rivolta del 2011 che ha messo fine al regime di Hosni Mubarak, e soprattutto dopo la destituzione di Mohamed Morsi nel luglio del 2013, i gruppi armati moltiplicano gli attacchi in questa regione, soprattutto contro i militari.

In particolare l’Is è molto presente e non esita a compiere atrocità per evitare “infiltrazioni” nemiche. Di recente il gruppo ha rapito quattro uomini accusati di collaborare con il governo del Cairo. Secondo le autorità egiziane, due sono stati uccisi (degli altri due non si hanno notizie) in modo brutale: a uno dei due sarebbero stati tolti gli occhi e poi sarebbe stato bruciato vivo.

Spostamento di massa
L’esodo dei copti da questa regione si è accentuato dopo che gli uomini di Abu Bakr al Baghdadi hanno diffuso un video in cui minacciano di attaccare i cristiani (circa il 10 per cento degli egiziani), accusati di essere “infedeli”. È stata addirittura pubblicata una guida sulle tecniche da utilizzare per gli attacchi.

Lo spostamento di massa dei copti si può constatare, in mancanza di dati ufficiali, dalle cifre ufficiose fornite dai sacerdoti e dai residenti della zona. Prima del 2011 nel nord del Sinai vivevano quasi cinquemila cristiani, oggi sono meno di un migliaio. Molti si chiedono se la reazione del presidente Abdel Fattah al Sisi per contrastare i jihadisti sia adeguata. I pareri sono contrastanti: diversi egiziani in esilio sono delusi e constatano il suo fallimento nel proteggere i cittadini. Altri invece sostengono che le forze di sicurezza egiziane siano piene di estremisti islamici.

I copti possono contare sul sostegno nella società civile e nella sfera politica di diversi gruppi, che hanno preso le loro difese. Ma questa solidarietà a parole saprà trasformarsi in un aiuto concreto?

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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