26 aprile 2017 15:30

La sabbia è molto richiesta. In alcune parti del mondo la gente percorre distanze sempre maggiori per mettere le mani sui suoi granelli dorati. In India esiste una mafia della sabbia che intimidisce gli abitanti per estrarre e trasportare il materiale. In Marocco e nei Caraibi, i trafficanti stanno svuotando intere spiagge. Anche se è difficile calcolare esattamente quanta sia quella prelevata illegalmente, è probabile che la sabbia sia il materiale più estratto al mondo. Secondo il programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep), sabbia e ghiaia rappresentano quasi l’85 per cento di tutti i materiali estratti al mondo ogni anno.

Le città contemporanee sono costruite con, e spesso sopra, la sabbia. Buona parte di essa è utilizzata nel settore edilizio per creare asfalto e cemento. Non sorprende quindi che l’Asia ne sia il principale consumatore. La Cina da sola rappresenta la metà della domanda mondiale. La cosa riflette il folle ritmo di costruzioni del paese: il governo dichiara di aver costruito 32,3 milioni di case e 4,5 milioni di chilometri di strade tra il 2011 e il 2014.

La sabbia ha anche usi industriali: è usata per produrre vetro, componenti elettronici e nell’estrazione petrolifera nel settore del fracking. Ampie quantità di sabbia vengono inoltre gettate in mare per aumentare l’estensione di un territorio nazionale: Singapore, per esempio, ha aumentato in questo modo la sua superficie del 20 per cento a partire dagli anni sessanta. Le Maldive e Kiribati hanno usato la sabbia per sollevare il livello delle loro isole e affrontare l’innalzamento dei mari. L’Onu prevede che entro il 2030 ci saranno più di 40 megalopoli con oltre dieci milioni di abitanti (nel 2016 erano 31), il che significa che bisognerà costruire nuovi alloggi e infrastrutture. Anche il livello dei mari continuerà a innalzarsi. E quindi la sabbia sarà sempre più richiesta.

Una domanda senza fine ha generato un lucrativo traffico illegale in molti paesi in via di sviluppo

Ma perché c’è penuria, quando la sabbia sembra un materiale così facilmente disponibile? Il fatto è che la sabbia desertica è troppo morbida, e quindi inadatta alla maggior parte degli scopi commerciali. Inoltre è decisiva la vicinanza della sabbia ai siti di costruzione: dal momento che è un materiale generalmente economico, diventa poco conveniente trasportarlo per lunghe distanze. A meno che non siano coinvolti compratori facoltosi, come per esempio Singapore e Qatar che registrano i tassi d’importazione pro capite più alti. La sabbia australiana è stata trasportata fino a Dubai, in un altro deserto, per costruire il grattacielo Burj Khalifa.

Le alternative alla sabbia
Nella maggioranza dei paesi inoltre sono in vigore delle regole sui quantitativi di sabbia e i luoghi dove può essere estratta. Ma una domanda senza fine ha generato un lucrativo traffico illegale in molti paesi meno industrializzati. Il risultato è che i depositi esistenti sono sfruttati più velocemente di quanto possano rigenerarsi naturalmente, causando diversi danni ambientali. Il dragaggio inquina e colpisce la biodiversità dei luoghi. Le coste, assottigliandosi, diminuiscono la capacità delle spiagge di contrastare i fenomeni di maltempo.

Fortunatamente esistono dei surrogati per la sabbia: asfalto e cemento possono essere riciclati, le case possono essere costruite con paglia e legno, e anche il fango può essere usato come materiale di recupero. Nei paesi ricchi, le politiche governative possono favorire la riconversione a simili materiali sostitutivi.

Secondo l’associazione britannica di produttori minerari, per esempio, quasi un terzo di tutti i materiali utilizzati per l’edilizia nel Regno Unito nel 2014 era riciclato. Singapore prevede di affidarsi a consulenti olandesi per il suo nuovo sistema di recupero materiali che si basa su un sistema di argini e che è meno dipendente dalla sabbia. Anche nei paesi meno ricchi è probabile che i costruttori rinuncino alla sabbia a mano a mano che aumenta il suo prezzo. Ma senza un miglioramento nelle attività di controllo da parte delle autorità, questo processo sarà molto lento.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo di R. S. è stato pubblicato sul blog The Economist explains.

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