07 aprile 2023 12:47

È una delle grandi attrazioni della città di di Strasburgo, nell’est della Francia: l’orologio astronomico della cattedrale, i cui rintocchi attirano ogni giorno migliaia di turisti. Ma questo monumento secolare contiene anche un meccanismo ingegnoso, una sorta di computer ante litteram, che permette di calcolare perpetuamente la data della Pasqua.

Sul grande calendario a forma di quadrante che si trova alla base dell’orologio, quest’anno la festa cristiana è chiaramente segnata a domenica 9 aprile. È il risultato di un ingegnoso calcolo effettuato dal “computo ecclesiastico”, un incredibile meccanismo di ruote metalliche visibili a sinistra del quadrante e che serve a determinare la distribuzione nell’arco dell’anno delle feste mobili.

Questo computo ecclesiastico è opera di Jean-Baptiste Schwilgué, un orologiaio autodidatta originario dell’Alsazia che restaurò il meccanismo tra il 1838 e il 1842. Schwilgué “è uno dei più grandi geni al mondo – o almeno della Francia – del diciannovesimo secolo”, afferma entusiasta l’arcivescovo di Strasburgo, Luc Ravel.

La leggenda di un capolavoro
Mentre alcune feste cristiane hanno date fisse, per esempio il 25 dicembre per il Natale, altre sono variabili, come la Pasqua, che ricorda la resurrezione di Gesù. Nel 325 dopo Cristo, il concilio di Nicea stabilì che la Pasqua doveva essere celebrata la prima domenica dopo la prima luna piena di primavera. In pratica questo significa che la festa può cadere in 35 date diverse, tra il 22 marzo e il 25 aprile.

Per poter calcolare la data della Pasqua in modo perpetuo, Jean-Baptiste Schwilgué ha sviluppato questo sorprendente meccanismo che prende in considerazione diverse variabili: le fasi lunari, la collocazione delle domeniche, gli anni bisestili… Ogni anno, il 31 dicembre, il meccanismo si riavvolge e le date della Pasqua e delle altre feste a essa collegate (Ascensione, Pentecoste eccetera) sono magicamente collocate al posto giusto nel calendario dell’orologio astronomico.

L’oggetto, noto come “computo del 1821”, servì da modello per il meccanismo poi incorporato nell’orologio astronomico

Il primo computo ecclesiastico realizzato da Schwilgué si pensava fosse andato perduto dopo la seconda guerra mondiale, ma è stato ritrovato nel 2021 e affidato alla chiesa, che intende esporlo entro la fine dell’anno nella cattedrale di Strasburgo. “È un pezzo minuscolo che starebbe in una scatola di scarpe, un’opera di miniaturizzazione incredibile”, osserva monsignor Ravel.

Jean-Baptiste Schwilgué lo costruì nel 1815 e lo presentò al re francese Luigi XVIII sei anni dopo. L’oggetto, noto come “computo del 1821”, servì da modello per il meccanismo poi incorporato nell’orologio astronomico. Durante l’ultima guerra, gli eredi avevano seppellito questo piccolo computo (15 centimetri per 20 contro i 90 per 150 dell’orologio) prima di recuperarlo e donarlo alla cattedrale di Strasburgo.

Invece di annunciare la notizia con un comunicato stampa, monsignor Ravel ha chiesto allo scrittore autore di gialli Jacques Fortier di riportare in vita il computo del 1821 in un romanzo. Le maître des horloges, che esce nelle librerie francesi il 7 aprile, tratta del furto dell’oggetto e del suo incredibile recupero da parte di un detective in una storia di fantasia ambientata nel 1931. Il titolo del thriller si riferisce a Jean-Baptiste Schwilgué, il cui ritratto appare sull’orologio astronomico sopra il grande computo ecclesiastico.

La leggenda narra che all’età di 11 anni, nel 1788, il giovane strasburghese rimase traumatizzato dal guasto dell’orologio astronomico, risalente al sedicesimo secolo e promise alla madre: “Lo farò funzionare, mamma”. Gli ci sono voluti più di quarant’anni per mantenere la promessa.

“È una specie di capolavoro di orologeria inutile”, fa dire Jacques Fortier al suo detective a proposito dell’orologio.

Quanto all’arcivescovo, si chiede perché Schwilgué abbia accettato la “sfida” di aggiungere il calcolo della data di Pasqua a un orologio che può già indicare l’ora, la data, lo zodiaco e la posizione dei pianeti.

Ravel la vede come una risposta al primo libro della Bibbia, la Genesi, quando il tempo appare nel primo giorno della creazione del mondo: “Dio chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina”. Il quarto giorno Dio creò il Sole e la Luna, con lo scopo di celebrare le feste: “Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni”.

(Traduzione di Stefania Mascetti)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it