31 luglio 2023 12:32

Dopo il golpe del 26 luglio, aumentano le pressioni internazionali sul generale Abdourahamane Tiani, il capo della guardia presidenziale che ha rovesciato il governo del presidente eletto Mohamed Bazoum, ordinandone l’arresto. Quattro giorni fa l’esercito ha preso il potere nel paese saheliano, in cui vivono venti milioni di abitanti, uno dei più poveri dell’Africa occidentale, nonostante sia tra i più ricchi al mondo di uranio e assicuri il venti per cento delle importazioni di questo minerale all’Unione europea.

Il 30 luglio i paesi dell’Africa occidentale riuniti nella Cedeao (Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale) hanno lanciato un ultimatum di una settimana ai golpisti, e hanno detto che non escludono l’uso della forza, infine hanno interrotto i rapporti economici e finanziari con Niamey, congelando i beni dei “funzionari militari coinvolti nel colpo di stato”.

Il vertice straordinario della Cedeao, di cui fa parte anche il Niger con altri 14 paesi, si è tenuto ad Abuja, sotto l’egida del presidente della Nigeria, Bola Tinubu, che guida l’istituzione regionale dall’inizio di luglio. La Cedeao ha chiesto il “rilascio immediato” del presidente Bazoum e il “ritorno completo all’ordine costituzionale”.

Le paure dell’occidente
Oltre alla Cedeao, anche l’Unione africana e i paesi occidentali, tra cui l’Unione europea e gli Stati Uniti, non riconoscono alcuna legittimità alle forze golpiste e chiedono un ritorno all’ordine costituzionale. Washington ha espresso il suo “fermo sostegno” a Bazoum, spiegando che il colpo di stato mette a repentaglio le sue relazioni di cooperazione con il Niger. Il colpo di stato ha suscitato la preoccupazione che il Niger, un alleato chiave dell’occidente nella lotta contro i gruppi jihadisti in Africa e negli accordi per fermare i flussi migratori, possa allearsi con la Russia, come è avvenuto nei vicini Burkina Faso e Mali.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha minacciato di rispondere “immediatamente e senza trattative” a qualsiasi attacco contro cittadini francesi e contro le attività francesi in Niger, dove migliaia di manifestanti hanno preso di mira l’ambasciata di Parigi a Niamey. Chi ha cercato di entrare nell’edificio è stato respinto a colpi di lacrimogeni, ma la targa dell’ambasciata è stata strappata, distrutta e sostituita da bandiere russe e nigerine, secondo un giornalista dell’Afp. I manifestanti davanti all’ambasciata francese a Niamey cantavano: “Lunga vita alla Russia”, “Lunga vita a Putin” e “Abbasso la Francia”.

Il Niger è un partner strategico della Francia, che attualmente ha circa 1.500 soldati nel paese. Parigi il 29 luglio ha annunciato l’interruzione degli aiuti allo sviluppo, mentre l’Unione africana il giorno prima aveva lanciato un ultimatum di quindici giorni ai militari per ripristinare “l’ordine costituzionale”.

Negoziati in corso
Al vertice ha partecipato anche il leader del Ciad, Mahamat Idriss Déby Itno, il cui paese non è membro della Cedeao, ma che confina con Niger ed è a sua volta una potenza militare nel Sahel alleata con la Francia. Déby Itno ha trascorso alcune ore a Niamey, per “vedere quale potrebbe essere una soluzione della crisi”. Durante la sua visita, ha pubblicato una foto sulla sua pagina Facebook una sua foto con Mohamed Bazoum, la prima immagine del presidente nigeriano dopo il golpe. Seduto accanto al presidente ciadiano, Bazoum appare sorridente. Déby Itno avrebbe anche “parlato con Tiani e gli avrebbe riferito un messaggio della Cedeao”, secondo l’entourage di Bazoum.

Anche l’ex presidente del Niger Mahamadou Issoufou, ha annunciato il 30 luglio di essere al lavoro per “trovare una via d’uscita negoziata dalla crisi” per “rilasciare” il suo successore Mohamed Bazoum e “riportarlo in carica”.

La sera del 29 luglio, la giunta aveva denunciato il vertice della Cedeao, vedendoci la minaccia di un “imminente intervento militare a Niamey in collaborazione con paesi africani non membri dell’organizzazione e alcuni paesi occidentali”.

Situato nel cuore del Sahel, il Niger è l’ultimo alleato con cui la Francia, ex potenza coloniale, mantiene un’alleanza militare in una regione segnata dall’instabilità e da attacchi di gruppi islamisti legati allo Stato islamico e ad Al Qaeda. Dopo Mali e Burkina Faso, è il terzo paese della regione a subire un colpo di stato dal 2020.

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