14 marzo 2016 15:14

Nemmeno i fan del Movimento 5 stelle (M5s) – un partito politico spesso definito populista, anticonformista e antisistema – si sognerebbero di definirlo spigliato. Il video elettorale di Virginia Raggi, la trentasettenne candidata dei cinquestelle alla carica di sindaco di Roma, pubblicato online a fine febbraio, ha provocato un vero shock. Se si toglie l’audio al video, Raggi, con il suo vestito impeccabile e una presentazione accurata, sembra un’aspirante parlamentare democratica degli Stati Uniti, o una politica conservatrice del Regno Unito. Molto brava nei dibattiti, Virginia Raggi è la dimostrazione del modo in cui il secondo movimento politico italiano si stia avvicinando sempre di più a un partito normale.

I sondaggi continuano ad attribuire al Movimento 5 stelle un quarto dei consensi elettorali: sono a circa otto punti dal Partito democratico (Pd), ma superano di dieci punti la Lega nord. A Roma, una città che da tempo, per responsabilità dei partiti tradizionali, vive una condizione di abbandono e di corruzione, Raggi ha buone possibilità di farcela alle elezioni che dovrebbero tenersi a giugno. Il fatto che lei, prima dei suoi avversari, abbia già un video pronto segnala sia l’importanza che il Movimento 5 stelle dà alla sua campagna sia la sua crescente professionalità.

La persistente popolarità del gruppo è tanto più straordinaria alla luce dei recenti intoppi ed episodi di insubordinazione. Per molti versi, l’M5s è contemporaneamente il più democratico e il meno democratico dei movimenti politici italiani. In spregio alla democrazia convenzionale, i suoi leader ritengono che internet offra l’opportunità di tornare a una democrazia diretta in stile ateniese, in cui ogni questione politica importante è sottoposta a un referendum online. All’interno del movimento, le votazioni online sono utilizzate per determinare gli orientamenti politici e selezionare i candidati (e anche per espellere rappresentanti eletti che non rispettano le rigide regole del movimento).

Ma le decisioni davvero importanti, come quella relativa alla permanenza o meno dell’Italia nell’eurozona, sono sempre state prese dai suoi due cofondatori non eletti: il comico Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, attivista politico e imprenditore.

Gli attivisti cinquestelle sono un gruppo eterogeneo, spesso in disaccordo su questioni importanti come le privatizzazioni o l’aborto

Anche se ora Grillo ha cominciato a concentrarsi un po’ di più sulla sua carriera a teatro, la sua influenza è ancora determinante. A febbraio, mentre in senato era in corso un dibattito sulla regolarizzazione delle unioni civili, Grillo ha dichiarato a sorpresa di lasciare libertà di coscienza sull’emendamento che avrebbe consentito ai partner di una coppia gay di adottare l’uno il figlio biologico dell’altro (stepchild adoption).

Molti cattolici e conservatori temevano che il provvedimento potesse incoraggiare il ricorso alla maternità surrogata. Il movimento ha di conseguenza ritirato l’appoggio a un superemendamento che avrebbe consentito alla stepchild adoption di passare senza ostacoli. Il Pd, che aveva dato per scontato che l’M5s non volesse mettersi contro i gay, ha dovuto chiedere il sostegno del centrodestra. Il provvedimento è passato, ma senza l’emendamento più controverso.

I commentatori politici hanno accusato Grillo di aver voluto ingraziarsi l’elettorato di destra in vista delle elezioni romane. Ma Casaleggio ha dichiarato che la decisione è stata in parte dovuta alle “diverse sensibilità” all’interno del movimento, che è molto meno radicale rispetto al partito di governo greco Syriza o allo spagnolo Podemos. Uniti dal disprezzo per i partiti dominanti in Italia, ritenuti tutti corrotti, gli attivisti cinquestelle sono un gruppo eterogeneo, spesso in disaccordo su questioni importanti come le privatizzazioni o l’aborto. La maggior parte è progressista, ma alcuni di loro sono decisamente conservatori.

Grillo critica l’euro e si intrattiene volentieri con Nigel Farage, leader del Ukip, il Partito per l’indipendenza del Regno Unito, che sta cercando di far uscire il Regno Unito dall’Unione europea. Se dovesse diventare una forza di governo, queste divergenze dovranno essere appianate.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è stato pubblicato dal settimanale britannico The Economist.

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