22 dicembre 2014 10:35

Due storie di Gerusalemme: decidete voi se collegarle o no. La dottoressa più impegnata del quartiere di Beit Hakerem, a Gerusalemme Ovest, è un’israeliana d’origine palestinese. Ha moltissimi pazienti, tutti ebrei israeliani, vista la composizione sociale del quartiere. Il suo tirocinante è un ebreo osservante che indossa la kippah. Com’è giusto che sia, tra loro ci sono ottimi rapporti professionali. I figli della dottoressa frequentano una scuola bilingue che di recente è stata incendiata in un attacco razzista. La popolarità della donna tra i pazienti ebrei dimostra che i rapporti quotidiani tra le persone sono più forti delle ideologie e dell’abitudine all’esclusione sociale e alla discriminazione etnica.

Tre amici di Ramallah hanno finalmente trovato lavoro nell’azienda di un pezzo grosso della politica palestinese. L’azienda ha ottimi rapporti con aziende e imprenditori israeliani, e per operare ha bisogno di prodotti e connessioni in Israele. I genitori dei ragazzi sono contenti perché i loro figli non fanno più le ore piccole giocando a poker on­line. I tre amici mi hanno implorato di non svelare la loro identità né il nome dell’azienda perché sono sostenitori della campagna di Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (Bds) contro Israele. Anche qui la vita quotidiana è più forte delle ideologie: devono guadagnarsi da vivere, pagarsi gli studi, mettere da parte un po’ di soldi per un futuro matrimonio o per andare all’estero. “Perché qui non c’è futuro”, mi ha detto uno di loro.

Traduzione di Simon Dunaway e Francesca Sibani

Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2014 a pagina 29 di Internazionale, con il titolo “Oltre l’ideologia”. Compra questo numero | Abbonati

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